di Roberta Binotto
“Lasciata la piccola casa del Prà del Giglio dove aveva trovato rifugio con i suoi in quel maggio del 1916, camminava per la nuova strada militare che risaliva a tornanti le pendici dell’Altipiano. Andava con passo lesto, sorpassando reparti di soldati euforici che intasavano la via, incrociava camion 18B.L. e XVter che scendevano strombazzando dalle retrovie, autoambulanze e carriaggi, ma in tutto e in tutti c’era uno spirito di pace che si manifestava luminoso come una mattina d’aprile anche se le nebbie si aggruppavano sui fianchi dei monti”.
Inizia così una delle prime pagine dell’Anno della Vittoria che noi Calvenesi abbiamo sempre sentito un po’ nostro perché ambientato a Prà del Giglio dove la famiglia del giovane Matteo trova rifugio durante gli anni del conflitto.
Ricordo bene da bambina quando assistetti alla presentazione di questo libro presso la vecchia biblioteca di Calvene. Alla domanda del perché avesse scelto di ambientare la prima parte del libro proprio a Prà del Giglio, Rigoni Stern rispondeva candidamente che raramente egli aveva sentito un nome così bello e poetico come Prà del Giglio.
Immagino che puntando l’occhio su un punto piccolo piccolo della mappa dell’altipiano di Asiago (come soleva chiamarlo lui, Altipiano e non altopiano) in mezzo a una linea tutta curve che indicava l’impervietà della strada, la lettura di un nome come “Prà del Giglio” l’aveva d’un tratto illuminato. E sì perché forse noi Calvenesi a volte dimentichiamo di quanto le nostre contrade più antiche e fuori mano esercitino un fascino ammaliatore a chi le scopre per la prima volta. Lo stesso Rigoni Stern non è certo rimasto indifferente a questo fascino e ha voluto descrivere la strada che da Prà del Giglio porta in Altopiano. Si tratta di una vecchia mulattiera chiamata Sojo dea Cavala che si arrampica su per il Costo Magro. Terra bella ma difficile, il nome lo dice chiaramente.
Anche nel libro Le stagioni di Giacomo viene citato il Prà del Giglio. “Una sera di fine maggio Irene disse a Giacomo del suo desiderio di andare ai piedi delle montagne dove la sua famiglia era stata profuga nel Sedici. Abitavano in una casetta dentro un prato tutto circondato da ciliegi selvatici, ontani e betulle: il Prà del Giglio, era chiamato. […] Di questo posto avevano parlato suo fratello e suo nonno prima che morisse: – Vorrei proprio vederlo. Che ne diresti di andarci noi due? […] La strada migliore era quella per il costo fino a Caltrano; poi da Caltrano bisognava raggiungere Calvene e lì chiedere del Prà del Giglio. La strada più breve passava per la Barental, Granezza, Malga Mazze e Monte di Calvene. […] A Monte chiesero la strada, e poi ancora ai Capozzi e al Maso; arrivarono infine, dopo aver passato il valloncello…”
Rigoni Stern è uno di noi perché come noi ama il posto in cui viviamo e ne apprezza la semplicità. Conosce le leggi della natura, ne descrive con dovizia di particolari i cambiamenti e le sue inesorabili leggi. Memorabile quando in Uomini, boschi ed api scrive: “Vorrei che tutti potessero ascoltare il canto delle coturnici al sorgere del sole, vedere i caprioli sui pascoli in primavera, i larici arrossati dall’autunno sui cigli delle rocce, il guizzare dei pesci tra le acque chiare dei torrenti e le api raccogliere il nettare dei ciliegi in fiore”.
Con la sua scrittura semplice e profonda, ha definito i contorni della nostra identità locale e ci ha fatto provare il senso di appartenenza alla comunità e alla sua storia e un sentimento di rispetto per la natura e per le persone descritte nei suoi libri. Egli ha saputo narrare delle stagioni, del bosco e della vita di montagna in modo estremamente umile, con l’obiettivo, come diceva spesso, di “fare compagnia alla gente”. In lui si sente la saggezza del montanaro, dell’uomo comune che comunica messaggi di valore universale con incredibile semplicità, per essere alla portata di tutti. Penso alla dignità del lavoro fatto bene, qualunque lavoro sia. Diceva una cosa sola ai ragazzi nelle scuole: “leggete, lavorate, camminate e andate per le montagne. Una volta che avete letto un mio libro, sarei felice di sapere che siete andati a camminare in quel luogo e avete provato i miei stessi sentimenti” vedendo i primi crochi spuntare dalla neve e sentendo il canto del cuculo ai primi di aprile.
“Sarebbe bello che un giorno, leggendo un mio racconto – ha lasciato scritto Rigoni Stern – qualcuno potesse individuare il luogo e provare i miei stessi sentimenti e le mie stesse sensazioni”.
Queste parole sembrano prese alla lettera dall’Associazione Cammini Veneti che ha lanciato l’idea di un percorso che tocchi i luoghi letterari citati da Rigoni Stern nelle sue opere, da Vicenza ad Asiago, per chi frequenta l’Altopiano e per coloro che amano le opere di Stern e ne apprezzano l’insegnamento e cercano ancora quassù le sue tracce, l’aria pulita che ha respirato, i saperi che ha tramandato e i sentimenti che ha condiviso.
Cammini Veneti mira a creare dei percorsi che per l’appunto abbiano una forte matrice culturale e che colleghino luoghi significativi nella vita di personaggi decisivi per la nostra cultura e particolarmente attenti all’ambiente e al paesaggio. Cammini Veneti ritiene che il riappropriarsi delle proprie radici consenta di acquisire un maggior equilibrio, quando ci si allontana dal proprio microcosmo quotidiano, per scoprire l’altrove.
Quest’anno ricorre il centenario della nascita di Stern (Asiago, 1° novembre 1921) e quale modo migliore di ricordarlo e celebrarlo se non tramite un cammino a lui dedicato.
Il “Cammino Rigoni Stern” prevede il passaggio anche per Calvene, come da mappa:

è in corso la posa della segnaletica, con targhe/direzione e segnali con colori bianco/rosso che indicano la via da seguire.

Sarebbe interessante se il Cammino potesse diventare una opportunità per Calvene; una opportunità di valorizzazione ambientale e valorizzazione del patrimonio artistico.
Un suggerimento che vorremmo proporre all’Associazione Cammini Veneti che cura la Guida del Cammino:
“giunti al Ponte di ingresso al paese di Calvene, fate una breve deviazione a destra, di soli 500 mt e salite al paese, avrete l’opportunità di:
- visitare la bella Chiesa Arcipretale del 1852 che conserva all’interno opere dell’antica Pieve risalenti al XII e XV sec.
- visitare il Capitello di San Rocco (detto anche “della Peste” del 1575)
- trovare ristoro e approvvigionamento
per poi riprendere il percorso originale in direzione contrada Maglio (del 1500) e giungere al Ponte sul Torrente Astico (gioiello ingegneristico della Pedemontana Vicentina del 1907/8)”.
L’essere inseriti nel “Cammino Rigoni Stern” potrebbe consentire, in prospettiva, piccole forme di sviluppo dell’economia locale, come avviene in tanti luoghi d’Italia; entrare a far parte del sistema di “ospitalità diffusa e valorizzazione dei piccoli centri della Pedemontana”.
Alcune foto, con Mario Rigoni Stern tra i ragazzi di Scuola, in occasione dell’inaugurazione del Giardino Alpino nel maggio del 2006.




“Nell’ambito del Sentiero storico-naturalistico del Monte Corno (m. 1383), subito a nord del Rifugio, è stato creato un giardino botanico alpino che ospita, in diversi ambienti montani quali rupi calcaree, faggete, peccete, ghiaioni, pascoli e pozze, oltre 350 specie vegetali appartenenti alla flora subalpina, fra cui una vasta gamma di felci e piante officinali. È proprio da qui che si affacciano nella pianura Giacomo e Irene, nel libro Le stagioni di Giacomo, nella loro visita ai luoghi del periodo in cui erano profughi”.
Alcune opere per approfondire il rapporto di Mario Rigoni Stern con la natura:
Il bosco degli urogalli, Einaudi, 1962
Uomini, boschi e api, Einaudi, 1980
Amore di Confine, Einaudi, 1986
Arboreto selvatico, Einaudi, 1991
Le stagioni di Giacomo, Einaudi, 1995
Sentieri sotto la neve, Einaudi, 1998
Inverni lontani, Einaudi, 1999
Aspettando l’alba e altri racconti, Einaudi, 2004
Stagioni, Einaudi, 2006