Sito Ufficiale del Gruppo Consiliare "Vivere Calvene" (Giugno 2019 - Maggio 2024)

Mese: Aprile 2022

LE CENTRALI IDROELETTRICHE DI CALVENE

INTERVISTA AL SIG. GUELFO BINOTTO, EX CUSTODE DELLA CENTRALE DI CALVENE

di Silvia Binotto

In un pomeriggio autunnale dello scorso anno abbiamo avuto il modo e il piacere di ascoltare le parole del sig. Guelfo Binotto e le sue memorie raccolte in più di 40 anni di lavoro come custode presso la centrale idroelettrica di Calvene in via Astico, monumento di archeologia industriale da conoscere e salvaguardare e un tempo simbolo di modernizzazione economica e tecnologica del nostro paese.

Il sig. Guelfo con passione e dedizione ha raccontato aneddoti sulla costruzione e la messa in funzione della centrale idroelettrica, come un libro di storia aperto e pronto ad essere letto e ascoltato, fornendo anche moltissime immagini d’epoca e foto di momenti storici significativi, come l’alluvione del 4 novembre 1966 che colpì l’Italia, a seguito di un’eccezionale ondata di maltempo, causando non pochi danni anche a Calvene e nei paesi limitrofi.

Foto storica della centrale di Calvene, custodita dal sig. Guelfo e donatagli in segno di riconoscimento per il lavoro svolto come custode presso la stessa, per più di 40 anni.

La centrale idroelettrica di Calvene, in via Astico, fu costruita per volere dell’illustre industriale scledense Alessandro Rossi [1], pochi anni prima della sua morte avvenuta dopo una breve malattia il 28 febbraio 1898 a Santorso. Il progetto fu affidato all’ingegnere di Schio Carlo Letter dallo stesso Rossi: inizialmente Letter fu incaricato di eseguire degli studi e dei sopralluoghi lungo il corso dell’Astico nel tratto tra Calvene e Chiuppano per individuare il luogo più adatto per costruire una centrale idroelettrica che sfruttasse le acque stesse del torrente. Individuato il luogo a Calvene, dove ora sorge la centrale, Alessandro Rossi si rivolse nel 1891 al Ministero dei Lavori Pubblici e al Magistrato delle Acque per avere la concessione di costruzione e di sfruttamento dell’acqua; quest’ultima fu assegnata per 80 anni.

Dal 1891 al 1893 furono progettati i lavori di costruzione, poi affidati alla Ditta Apolloni di Chiuppano. Lo scarico dell’acqua fu costruito dal sig. Binotto Giuseppe Speziale e Soci di Calvene.

L’edificio è di cinque vani dove l’acqua giungeva attraverso un canale industriale lungo quasi 3km (2800m), con otto gallerie scavate a mano in rocce vulcaniche, principalmente basalti di colata, una di queste lunga addirittura 300m, le altre più piccole.

Il canale prevedeva una portata d’acqua di 9m³ al secondo. La centrale era dotata di tre turbine Francis con 32 pale ciascuna di marchio Riva di Milano, le quali sfruttavano un salto di 12 metri e 70 centimetri. Le turbine erano controllate nella sala macchine della centrale e regolate in base alla portata d’acqua dell’Astico stesso, non sempre regolare.

Il senatore Alessandro Rossi acquistò a Norimberga dei trasformatori tedeschi dalla fabbrica di Sigmund Schuckert, che furono poi montati e messi in funzione da tecnici tedeschi che vi lavorarono due anni, dal 1898 al 1900.

Agli inizi del 1900 la centrale idroelettrica di Calvene era attiva.

Il sig. Binotto Guelfo all’interno della sala macchine della centrale Rossi di Calvene.

Uno dei problemi principali dei lavori di costruzione e montaggio fu la logistica, ovvero il trasporto di materiali così pesanti nel luogo dove sorge la centrale tuttora: per raggiungere il luogo individuato era necessario attraversare il ponte sull’Astico, che collegava – e tutt’ora collega – il centro del paese con le contrade meridionali sorte sulla destra idrografica del torrente. Al tempo, infatti, il ponte era ancora in legno e solo qualche anno più tardi, in seguito alla piena del 16 maggio 1905 che lo distrusse, fu costruito in cemento armato (si veda l’articolo dedicato). Inoltre la strada che oggi porta alla centrale (via Astico) non esisteva e fu costruita in un secondo momento. Si decise dunque di portare tutto il materiale nella strada che porta a Caltrano e da lì, mediante impalcatura, calare il tutto nel torrente Astico per poi trasportarlo nel luogo indicato quando non era in piena.

L’energia prodotta a regime dalla centrale, con la centrale di Rozzola di Chiuppano, tramite una linea di distribuzione a 25 mila Volts, lunga più di 30km, riforniva il Cotonificio Rossi di Vicenza: fu questa la prima linea elettrica in Europa di questa elevata potenza. Inizialmente l’azienda Rossi voleva costruire il nuovo stabilimento proprio nei pressi della centrale di Calvene ma “i proprietari di terreno osteggiarono con ogni mezzo la costruzione del Cotonificio Rossi nel tratto pianeggiante in prossimità della centrale sull’Astico, obbligando la ditta a sistemare i suoi impianti a Vicenza [2]”.

Furono quindi costruiti nuovi stabilimenti a Lisiera, Debba e Vicenza.

In un successivo momento la storia della centrale idroelettrica di Calvene si intrecciò con la storia della Cartiera di Bernardino Nodari [3] a Lugo di Vicenza (VI). Dopo la tragica morte di Bernardino avvenuta il 19 gennaio 1894, la guida della cartiera venne assunta da Tito Braida, con direttore tecnico Ruggero Benetti che fu collaboratore strettissimo di Bernardino stesso. Nel 1903 la cartiera acquisì dalle ditte Testolin e Bonaguro gli edifici “da maglio” nell’omonima contrada di Calvene, demoliti per costruire al loro posto una centrale idroelettrica dotata di due turbine Francis della ditta Riva di Milano. La centrale della contrada Maglio insieme a quella in località Serra di Lugo di Vicenza servivano al rifornimento elettrico della Cartiera. Il diritto di derivare acqua dal torrente Astico venne concesso in origine alla Cartiera Bernardino Nodari già nel 1882, con Regio Decreto del 7 Dicembre.

Per la costruzione della nuova centrale in località Maglio si decise di sfruttare al meglio le opere già esistenti, ovvero la centrale Rossi poco più a nord. Dalla destra idrografica del torrente Astico, l’acqua doveva passare alla sinistra idrografica, e per questo motivo all’attuale “passante” fu costruita una galleria che taglia trasversalmente l’Astico, ricavata sotto la briglia in corrispondenza dello scarico della centrale Rossi.

Dopo il sottopasso del torrente, il canale in galleria prosegue per circa 300 metri, e poi a pelo libero per altri 700 metri (la roggia), lungo la sponda sinistra del torrente Astico fino a contrada Maglio e alla nuova centrale idroelettrica.

La Roggia.
Centrale idroelettrica in località Maglio Calvene.

Tra le varie concessioni per la costruzione della centrale e la derivazione delle acque dal torrente Astico si leggono alcune particolari condizioni che la Cartiera Nodari doveva garantire al paese di Calvene:

La Società concessionaria è autorizzata a cedere al Comune di Calvene la potenza di 4 HP effettivi affinché se ne serve per dare moto ad un molino […]. Nell’interesse degli abitanti delle contrade prossime al canale di condotta, la Società concessionaria dovrà conservare e mantenere in efficienza a proprie spese la vasca della capacità di quattro metri cubi ad uso abbeveratoio  seguita da altra vasca ad uso lavatoio capace almeno di otto persone, situata presso la strada Pocosa di accesso al Ponte Magan attraverso il torrente Astico, alimentata in modo continuo con l’acqua del canale di carico mediante tubazione della portata di un litro al secondo.”

Abbeveratoio in Contrada Maglio.
Lavatoio presso il Ponte sull’Astico (bene da recuperare).

La Società concessionaria, ovvero la Cartiera di Lugo di Vicenza, proprio per la garantita concessione di derivazione delle acque doveva mantenere in buono stato tutte le opere necessarie, “sia per attraversamenti di strade, canali, scoli e simili, sia  per la difesa della proprietà e del buon regime del torrente Astico e valli confluenti”, con il dovere anche di costruire nuove opere qualora fosse stato necessario [4].

L’alluvione del 1966 dalle parole e dalle foto del sig. Guelfo Binotto

Il 4 novembre 1966 un’eccezionale ondata di maltempo investì l’Italia e causò non pochi danni anche nel nostro paese, soprattutto nelle aree prossime al torrente Astico.

 “Ero alla finestra quando ho visto un grosso albero trasportato dall’acqua, che passava sopra el ponte che bala,  prendendone i ferri e portandolo via; più sù si vedeva el ponte de Zucchi, sembrava tutto un lago.

Il torrente ingrossatosi fece, fortunatamente, una breccia nel canale di scarico, non creando così grossi danni a tutto il complesso ma i canali si riempirono di fango e ghiaia e fu necessario ripulire tutto a mano.  L’acqua giunse a 1.70 m più alta del livello del pavimento delle macchine.”

E ancora: “ Visto che il livello dell’acqua continuava ad aumentare io (il sig. Guelfo) e due miei colleghi, uno di Zugliano e uno di Caltrano, per precauzione decidemmo di costruire un robusto sbarramento, il quale fortunatamente resistette all’urto dell’acqua e la centrale non si allagò.”

Più che le parole sono le foto a raccontare l’evento.

Fango e detriti portati nei canali durante l’alluvione del 4 novembre 1966 (foto archivio Binotto Guelfo).
Poco sopra il davanzale della finestra si vede il livello che raggiunse l’acqua dell’Astico il giorno dell’alluvione.

Negli ultimi anni i passaggi di proprietà delle centrali sono stati accompagnati da consistenti ristrutturazioni interne, che hanno sostituito le storiche apparecchiature con macchinari in grado di sfruttare al massimo l’importante risorsa “ACQUA” nella produzione di energia pulita e rinnovabile, mentre l’esterno conserva il disegno originale degli edifici quale importante testimonianza di archeologia industriale da conservare con orgoglio.

Centrale Rossi.
Centrale al Maglio.

Foto storiche el “ponte che bala” al Passante.

Da Archivio Francesco Brazzale.
Da Archivio Binotto Guelfo (Mirco Polga a destra).
Foto da Roberto e Massimo Brazzale (al centro in basso il papà Gino)

NOTE AL TESTO

[1] “Ingegno possente, raccolse, perfezionò, ingigantì l’incerta e giovane industria laniera della sua Schio, e per essa tenne alto nei traffici del mondo il nome d’Italia. Chiaroveggente, con ardore sempre giovanile, iniziò grandi cose: fondò la Scuola Industriale a Vicenza, creò a Santorso il Podere modello, Mecenate accrebbe, arricchì, decorò,  la piccola terra che gli aveva dato i natali,  assicurando ad essa nome onorato fra le città sorelle. […] beneficò regolarmente il suo prossimo, provvedendo ai parvoli, educando i fanciulli, dando lavoro all’operaio […]”: una sintesi efficace della figura di Alessandro Rossi (1819-1898) dalle parole di don Sebastiano Rumor (1862-1929).

[2] Lino Pellegrini, Calvene, 1953, p. 8.

[3] Tecnico ed imprenditore di formazione internazionale, contraddistinto da forte intuizione Bernardino Nodari (1836-1894) fondò la Cartiera di Lugo di Vicenza, un’impresa-pilota che trasformò l’antica industria cartaria del Veneto e fece della Cartiera stessa di Lugo uno dei più moderni stabilimenti d’Italia.

[4] Tutta la documentazione riguardante la Cartiera di Lugo di Vicenza e la centrale idroelettrica della contrada Maglio di Calvene ci è stata gentilmente fornita da Roger Testolin.

Cambiamenti Climatici e Riscaldamento globale

Dino Polga (parte seconda)

IL BILANCIO ENERGETICO DI UN PIANETA

per leggere la prima parte clicca qui: Cambiamenti climatici, un inverno senza pioggia e senza neve !!!

Capito che è in atto un aumento delle temperature medie nel pianeta e cosa questo implichi per noi, cerchiamo ora di fare chiarezza sul perché questo aumento sta avvenendo; per fare ciò dobbiamo comprendere il concetto di bilancio energetico.

Tutti noi sappiamo cos’è un bilancio: si fa la differenza tra entrate e uscite, a seconda che il risultato sia positivo o negativo abbiamo speso o guadagnato; la stessa cosa accade per il nostro pianeta.

Energia in ingresso
la fonte di energia è una sola: il nostro sole. Le reazioni termonucleari che avvengono nel cuore della nostra stella liberano un’immensa quantità di energia, energia che raggiunge la terra sotto forma di radiazione luminosa.

Energia prodotta
si tratta di tutto quello che viene prodotto dalla terra, soprattutto nell’interno del pianeta dal decadimento di materiali radioattivi e dall’affondamento degli elementi più pesanti verso il centro. È ciò che mantiene fuso il cuore del nostro pianeta alimentando vulcani e terremoti.

L’energia prodotta internamente è costante su tempi che si misurano in ere geologiche, per cui da qui in avanti la ignoreremo. L’energia prodotta da noi esseri umani può essere rilevante per il clima locale, ad esempio riscaldamenti e condizionatori hanno influenzato pesantemente il clima delle città negli ultimi decenni.

Energia emessa
Un pianeta ha un solo mezzo per emettere energia: la radiazione termica irradiata verso lo spazio esterno. Tutti i corpi caldi emettono radiazione, tanto più intensa quanto più è caldo il corpo. È il calore che percepiamo sulle mani davanti ad una stufa, o quello che fa spiccare un cervo nel bosco in un sensore termico:

quello che vediamo è l’energia che il corpo caldo dei cervi perde sotto forma di radiazione infrarossa.

Gli scambi termici in atmosfera

Questo è uno schema, molto semplificato, di ciò che succede sopra le nostre teste. Il sole, che è un’enorme fonte di energia, scarica sulla terra circa 300 W al metro quadro. Una parte di questa energia è riflessa dall’atmosfera, dalle nubi e dal suolo, il resto verrà assorbito. La misura di quanto una superficie è “brava” a riflettere l’energia incidente è chiamata albedo; l’albedo di una distesa innevata è quasi 1 -> la stragrande parte dell’energia viene riflessa, di contro l’albedo di una strada asfaltata è quasi 0 -> la strada assorbe quasi tutta l’energia scaldandosi.

Suolo, mare ed atmosfera, essendo caldi, a loro volta emettono radiazione termica, sotto forma di radiazione infrarossa. Una parte di questa viene nuovamente catturata dall’atmosfera, con maggiore o minore efficienza a seconda dei gas che questa contiene. L’energia (incidente, riflessa o riemessa) che viene catturata dall’atmosfera è quel che chiamiamo effetto serra.

Se il totale di quanto arriva dal sole è superiore al totale di quanto la terra riemette verso lo spazio (l’insieme delle frecce verso l’alto) il pianeta si scalda. Le principali variabili in questo gioco di equilibri sono quanta energia arriva dal sole, quanta ne viene riflessa ed emessa dal suolo e quanta ne viene intrappolata in atmosfera.

Il riscaldamento globale è colpa del sole?

Visto lo schema precedente, ci si potrebbe chiedere se il problema non stia nella quantità di energia in ingresso anziché in quella in uscita. L’origine solare è da diversi anni un cavallo di battaglia di chi nega l’influenza umana sul riscaldamento globale (nota è la lettera di Zichichi pubblicata da “Il Giornale” poco tempo fa).  Si sostiene che stiamo uscendo da un’era in cui il sole era più freddo e quindi è normale che il progressivo riscaldamento del sole riscaldi a sua volta la terra.
Il sole segue un ciclo di attività che dura circa 11 anni, oltre a questo ciclo “breve” ce ne sono di più lunghi che ancora non comprendiamo appieno; tuttavia, possiamo confrontare le misurazioni dell’energia in arrivo dal sole con la temperatura del pianeta negli ultimi anni:

È vero il contrario! Negli ultimi 30 anni il sole ha calato la sua attività, e nonostante questo la temperatura media mondiale è salita in modo costante.
Se la causa del riscaldamento non è un aumento dell’energia in ingresso, allora significa che il problema sta in quanta energia viene assorbita tra terreno, mare ed atmosfera. Da misurazioni satellitari sappiamo che l’albedo del pianeta è leggermente calata a causa della riduzione della superficie ghiacciata, ma questa variazione è insufficiente a spiegare l’andamento delle temperature e anzi ne è un effetto. Resta quindi la parte di energia catturata dall’atmosfera.

I gas serra

L’effetto serra è fondamentale per mantenere la vita sulla terra, senza l’atmosfera a trattenere calore la temperatura media del pianeta sarebbe attorno ai -18° contro gli attuali 15°. I nostri vicini cosmici sono due esempi contrapposti, un pianeta dove l’effetto serra è eccessivo e uno in cui quasi non c’è. Marte, con un’atmosfera quasi assente, ha una temperatura media superficiale di -62°; di contro Venere, con la sua spessa atmosfera fatta quasi esclusivamente di anidride carbonica, ha una temperatura media oltre i 450°, abbastanza per fondere il piombo. Eppure, ci sono prove che entrambi in passato abbiano sperimentato periodi con condizioni simili a quelle della Terra, la differenza l’hanno fatta le diverse evoluzioni delle rispettive atmosfere.

I gas serra sono quei gas che anche a basse concentrazioni riescono ad intrappolare una frazione significativa di radiazione. Non tutti i gas sono ugualmente efficienti, e la capacità di ogni gas di assorbire la radiazione dipende dalla lunghezza d’onda di quest’ultima (visibile, infrarosso, ultravioletto… ).

Vapore acqueo



Il vapore acqueo è un potente gas serra in grado di intrappolare una grande quantità di energia. Avete mai notato come una notte coperta da nubi sia molto meno fredda rispetto ad una con cielo limpido?  La differenza la dà il vapore contenuto nelle nubi, che “intrappola” parte dell’energia che se ne sarebbe andata sotto forma di radiazione e la riemette verso terra. L’atmosfera auto-regola il vapore tramite il ciclo dell’acqua: se questo diventa troppo condensa e ricade sotto forma di pioggia o neve.

La quantità di vapore che l’atmosfera mantiene in sospensione è dipendente dalla temperatura: più è elevata più vapore rimane in atmosfera. Misurazioni effettuate negli anni hanno mostrato come la quantità di vapore in atmosfera stia aumentando a tutte le altezze.

L’aumento della temperatura provoca un aumento del vapore in atmosfera, che a sua volta innalza la temperatura di equilibrio. Non possiamo intervenire direttamente sulla concentrazione di vapore acqueo, perché la quantità che noi immettiamo è ininfluente e viene compensata da una maggiore o minore evaporazione da mari e fiumi: nonostante il vapore acqueo sia responsabile di circa il 60% dell’effetto serra, esso non controlla la temperatura della terra, al contrario è la temperatura che controlla la quantità di vapore.

Anidride carbonica

Quando si parla di riscaldamento globale è il primo gas che viene citato (quando non l’unico) ed in effetti è quello responsabile della maggior parte dell’aumento di temperatura. È in grado di assorbire grandi quantità di energia, soprattutto radiazione infrarossa. È un gas onnipresente e strettamente collegato con la vita, è infatti uno dei “prodotti finali” dei processi biologici che sviluppano energia. In questo momento il vostro cervello e i vostri muscoli stanno trasformando zucchero + ossigeno in anidride carbonica e acqua dandovi l’energia per pensare e muovervi. La stessa trasformazione avviene in senso opposto nelle piante attraverso la fotosintesi clorofilliana: le piante usano l’energia solare per convertire acqua e CO2 in zucchero, che poi verrà utilizzato nei processi biologici o trasformato in legno. Ci avete mai pensato? In peso le piante sono praticamente fatte solo di aria e acqua.

Anche l’anidride carbonica ha un ciclo di vita in cui viene continuamente scambiata tra terra, mare ed atmosfera. Questo ciclo è più lungo e complesso di quello dell’acqua: la maggior parte della CO2 è contenuta nelle rocce, disciolta nel mare e immagazzinata dagli organismi viventi. Gli esseri umani sbilanciano il ciclo naturale principalmente in 2 modi:
– immettendo in atmosfera CO2 in eccesso bruciando combustibili fossili
– distruggendo le foreste, quindi immettendo in atmosfera il carbonio in esse contenuto e riducendo allo stesso tempo la capacità planetaria di assorbire CO2.

Essendo il gas il cui aumento di concentrazione è la principale causa del riscaldamento dell’atmosfera, viene usato come “riassuntivo”; per questo motivo nei conteggi le emissioni di altri gas vengono di solito riportate con l’equivalente in emissioni di CO2 = la quantità di CO2 necessaria ad ottenere lo stesso effetto.

Metano

Il metano è un potente gas serra, circa 28 volte più potente della CO2 a parità di peso. Una volta emesso ha un tempo di vita in atmosfera di circa 12 anni, è il secondo gas più abbondante tra i gas a effetto serra correlati all’attività umana e rappresenta circa il 16% delle emissioni globali di gas serra; anch’esso è emesso da fonti sia umane sia naturali.  Dopo un periodo di stabilizzazione all’inizio degli anni 2000, le emissioni di metano nell’atmosfera sono aumentate del 9% ogni anno.  
Si tratta anche in questo caso di un gas strettamente legato con la vita, soprattutto ai fenomeni di fermentazione di rifiuti organici; anche le operazioni nel settore del petrolio e del carbone ne rilasciano grandi quantità. Molte delle opportunità disponibili di riduzione delle emissioni di metano implicano il suo recupero ed utilizzo come carburante per riscaldamento o generazione di energia elettrica; per quanto riguarda i rifiuti, ad esempio, la direttiva dell’UE sulle discariche ha contribuito a dimezzare il metano prodotto (per questo motivo è stata introdotta la raccolta della frazione umida).
Queste azioni di recupero rappresentano opportunità chiave per ridurre anche le emissioni provenienti dall’agricoltura, dalle miniere di carbone e dalle fognature. Purtroppo, ovviamente i sistemi di recupero hanno un costo e non tutte le realtà hanno la possibilità di costruirli senza un adeguato aiuto da parte statale.


Emissioni totali di gas serra

In questo grafico a torta, vediamo la percentuale di emissioni di gas serra divise per settore (calcolo del 2016) emissioni totali 49,4 miliardi di tonnellate equivalenti di CO2

Con Energia in questo caso si intendono tutti gli utilizzi di energia a livello casalingo e delle industrie: energia elettrica, termica, movimento merci …; la produzione di energia è responsabile da sola di quasi ¾ delle emissioni totali. Le emissioni degli altri comparti invece si riferiscono a tutte quelle fonti di gas serra non legate al consumo di energia, ad esempio la produzione del cemento libera CO2 per il processo chimico utilizzato, i rifiuti emettono metano da fermentazione così come il bestiame e il riso, la deforestazione emette CO2 con gli incendi etc…

Mentre per intervenire sulla porzione Energia si possono “semplicemente” (con delle enormi virgolette) sostituire le fonti utilizzate, modificare il restante quarto delle emissioni implica un ripensamento completo dei processi produttivi.
Ogni fetta della torta meriterebbe un articolo a sé, compresi i sottogruppi, e potremmo parlare per giorni su problematiche, costi e soluzioni per ognuno di essi. Mi limiterò ad una veloce carrellata spendendo solo qualche parola per alcune voci, linkando il sito IEA per approfondimenti su ognuna.

Industria metallurgica:
Eliminare l’utilizzo del carbone nelle fonderie passando ad altoforni elettrici. Ottimizzare l’utilizzo dell’acciaio e usare il più possibile acciaio e metalli di riciclo anziché produrne di nuovi. Ove necessario utilizzare il carbone sequestrando la CO2 emessa.

Industria chimica e petrolchimica:
Ridurre il ricorso ai carburanti fossili negli altri settori. Aumentare il più possibile il riciclo delle termoplastiche per ridurre l’impatto della loro produzione. Per la produzione di metanolo, far passare le industrie che si basano sul carbone come fonte primaria al gas naturale. Soprattutto nei paesi emergenti, incentivare l’uso corretto dei fertilizzanti azotati per diminuirne la domanda.

Trasporti:
Aumentare il ricorso ai trasporti su rotaia per la lunga percorrenza, lasciando su gomma i tratti terminali. Per i trasporti su gomma, sia di merci che di persone, bisognerà passare a carburanti senza emissioni (idrogeno, batteria). Il trasporto marittimo è uno dei settori più difficili da decarbonizzare; a parte aumentare l’efficienza delle navi, per il futuro andranno pensate alimentazioni alternative per le grandi portacontainer (es. nucleare, come già accade per centinaia di mezzi militari). Per il trasporto aereo, al momento non ci sono soluzioni percorribili che vadano oltre un modesto aumento di efficienza dei velivoli.

Uso dell’energia negli edifici:
Il modo migliore per ridurre le emissioni è migliorare l’efficienza energetica degli edifici, riducendo quindi la necessità di riscaldamento / raffrescamento. Man mano che gli edifici saranno ben isolati andrà inoltre abbandonato il gas come fonte energetica per il riscaldamento passando alle pompe di calore; ove possibile, si può inoltre sfruttare l’energia “di scarto” di industrie e centrali elettriche con il teleriscaldamento.

Industria del cemento:
Per ridurre l’emissione di CO2 dalla produzione del cemento vanno abbandonati carbone e gas per i forni che cuociono il clinker; per eliminare però anche la CO2 rilasciata dal riscaldamento del carbonato di calcio (circa 600 kg per tonnellata di cemento) le uniche soluzioni sono il sequestro e stoccaggio della CO2 o cambiare totalmente i materiali e le tecniche con cui è prodotto.

Rifiuti:
In primis va ridotta la quantità di rifiuti che ognuno di noi produce, riducendo l’usa e getta e migliorando gli imballaggi. In secondo luogo, va differenziato e riciclato tutto ciò che è conveniente riciclare: riutilizzare plastica, carta, vetro e metalli ha un impatto in emissioni climalteranti molto minore rispetto a doverne produrre di nuovi. Tutto quel che non è possibile riciclare forzatamente finirà bruciato o interrato (quale delle due soluzioni sia migliore a livello climatico è una questione dibattuta).
Le emissioni di metano dalla fermentazione dei rifiuti (solidi e liquidi) rappresentano sia un contributo alle emissioni di gas serra, sia uno spreco di una potenziale risorsa energetica.  Avere la parte umida dei rifiuti separata dalle altre è importante perché permette di estrarre efficacemente il metano dalla frazione che ne produce la maggior parte, la stessa cosa vale per acque nere ed acque bianche.  

Agricoltura e gestione forestale:
L’agricoltura è una fonte di gas serra importante, su cui sarà necessario intervenire per ridurre l’impatto.
In Europa le emissioni da questo comparto sono in costante discesa da 20 anni grazie al miglioramento delle pratiche agricole; tuttavia, purtroppo nel resto del mondo non è così.
La richiesta di nuovi terreni agricoli è il principale motivo della deforestazione che, oltre a produrre in sé enormi emissioni, riduce la capacità del pianeta di assorbire CO2. Per questo motivo è importante alzare la resa dei campi coltivati estensivamente in modo da necessitare di meno spazio a parità di produzione: il corretto uso dei fertilizzanti (naturali e di sintesi) e l’innovazione in campo agronomico con lo sviluppo di varietà ad alto rendimento (anche GM) sono fondamentali in questo senso. Ultimamente c’è un grosso aumento nella produzione di biocarburanti, perché rientrano tra le fonti rinnovabili, tuttavia il loro EROEI (cioè quanta energia ottengo in cambio di ogni unità spesa per produrli) è vicino ad 1 quando non inferiore; significa che consumo la stessa energia per produrli rispetto a quella che forniranno. Compagnie petrolifere hanno cominciato a mescolare biocarburanti alle loro filiere per apparire più “green”, provocando di conseguenza ulteriore richiesta di terreno, vanno evitate queste operazioni di facciata. In generale la cosa più importante a livello climatico legata all’agricoltura è fermare la deforestazione ed anzi aumentare la superficie forestale; come abbiamo detto gli alberi sono fatti (essenzialmente) di acqua e CO2 estratta dall’aria, ogni quintale di carbonio contenuto in un albero è un quintale di carbonio in meno in atmosfera.

Ciò che è stato scritto sono solo dei pallidi accenni a tutto ciò che dovrà essere implementato se vogliamo davvero mantenere le temperature sotto controllo; purtroppo tutto ciò ha un costo, non solo economico ma anche sociale in termini di cambiamenti nel paniere lavorativo e nei prodotti.

Nel prossimo articolo parleremo di Energia e perché in l’Italia siamo così dipendenti dal Gas




Powered by WordPress & Tema di Anders Norén