Sito Ufficiale del Gruppo Consiliare "Vivere Calvene" (Giugno 2019 - Maggio 2024)

Mese: Maggio 2022

Energia: perché in Italia siamo così dipendenti dal gas ?

Dino Polga (parte terza)

La richiesta di energia elettrica mondiale è in costante aumento e, come abbiamo visto, per molti settori l’unico modo per abbattere le emissioni climalteranti è sostituire l’elettricità ai combustibili fossili; è quindi pressoché certo che la domanda non farà che aumentare nei prossimi decenni. Le scelte che verranno prese a livello politico su questo settore saranno quindi fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi climatici.

Produzione di energia elettrica nel mondo dal 1985, notare come i cali siano corrispondenti a crisi finanziarie globali

Nel mondo, purtroppo, al 2019, solo il 37% dell’energia proviene da fonti a basso impatto climatico (Idroelettrico, Nucleare, Solare, Eolico, Geotermico); è fondamentale che dal mix vengano abbandonate il prima possibile le fonti fossili: carbone, oli combustibili e gas naturale.  È importante però che le scelte energetiche siano guidate da una solida base scientifica e dalla conoscenza delle necessità di rete, e non diventino teatro di scontro ideologico e politico.
Nel sito electricitymap.org potete vedere in tempo reale la produzione ed il consumo di energia elettrica di ogni nazione partecipante con i propri dati (alcune, come l’Italia, sono divise in più zone), con il dettaglio di quanti GWh vengono prodotti da ogni fonte e l’intensità media di carbonio emessa 

Per ogni area è possibile vedere le diverse fonti energetiche, per ognuna è visibile il totale teorico installato (la barra grigia) e quanto sta effettivamente producendo (la frazione colorata); nella parte bassa ci sono le importazioni / esportazioni da altri stati/aree. In questo momento ad esempio in nord Italia la situazione è questa:

Com’è evidente la parte del leone la fanno le centrali a turbogas, per ogni KWh di energia immessa nella rete del nord Italia vengono rilasciati in atmosfera circa 400 grammi di CO2.
Per fare un confronto, questa è la produzione energetica in questo momento di altre nazioni europee, con la relativa intensità di carbonio:  

come l’Italia è arrivata alla situazione attuale

In Italia purtroppo dagli anni 80 non è mai stato fatto un piano energetico serio e la questione, come tipico del nostro paese, è stata affrontata con barricate ideologiche da ambo le parti senza una reale comprensione delle esigenze di rete. Le scelte energetiche (e non solo) sono sempre state dettate da considerazioni di convenienza politica sul breve periodo anziché dalla necessaria programmazione a lungo termine; questo ha portato a rendere la nostra rete elettrica poco differenziata e dipendente in maniera quasi esclusiva dal gas naturale.

Dall’inizio della sua elettrificazione, l’Italia ha sfruttato sapientemente la presenza di acqua per costruire impianti idroelettrici, come le bellissime centrali di Calvene. Fino agli anni ’50 pressoché l’intera produzione di energia nazionale era affidata alle centrali idroelettriche.

Negli anni 60, tuttavia, la transizione industriale del paese ha portato ad un rapido aumento della domanda energetica (circa 8% annuo per diversi anni); i possibili bacini in cui costruire grandi impianti idroelettrici erano quasi tutti già sfruttati, il disastro del Vajont nel ’63 ha inoltre aumentato la diffidenza della popolazione verso questa forma di energia e irrigidito la regolamentazione. Da allora la produzione di energia idroelettrica è rimasta pressoché costante fino ai giorni nostri.
Essendo gli impianti termoelettrici, come vedremo, i più veloci ed economici da costruire si è scelto di affiancarli alla produzione idroelettrica per colmare la richiesta.

Nel 1975 è stato varato il primo (e unico) vero piano energetico nazionale. Per ridurre la criticità della dipendenza da idrocarburi esteri si è puntato molto sullo sviluppo dell’energia nucleare, nel quale l’Italia stava rapidamente diventando uno dei paesi più avanzati al mondo (il terzo per produzione dopo USA e GB a fine anni ‘60); furono avviati progetto e costruzione di molti nuovi impianti innovativi e fu pesantemente incentivata la ricerca.

A seguito però dell’incidente di Černobyl’ del 1986, vennero tenuti i famosi referendum, vinti dal fronte contrario all’energia nucleare. Anche se i quesiti in realtà non vietavano la costruzione di nuove centrali né imponevano la chiusura delle esistenti, negli anni successivi i governi Goria, De Mita e Andreotti ordinarono la chiusura degli impianti e il fermo delle costruzioni (gettando letteralmente dalla finestra le decine di miliardi spesi negli anni precedenti). Ciò si tradusse, complice il coincidente crollo del costo del petrolio, in una ripresa della crescita dell’apporto termoelettrico fossile.

Negli anni 90, a causa dell’aumento del costo del petrolio e dell’incertezza nell’approvvigionamento, si decise per la sua sostituzione con il gas naturale, considerato un combustibile con maggiore disponibilità e proveniente da aree ritenute politicamente meno instabili; anche per le centrali a carbone, sempre più osteggiate dalla popolazione a causa dei loro fumi, venne decisa la transizione verso il gas.
Venne aumentata l’importazione di energia dall’estero, in particolare dalla Francia e dalla Svizzera che durante la notte hanno forti eccedenze di produzione.
Il Comitato interministeriale dei prezzi stabilì inoltre una maggiorazione del 6% del prezzo finale dell’energia elettrica i cui ricavi dovevano essere utilizzati per promuovere la ricerca e gli investimenti nel campo delle energie rinnovabili e assimilate.

Energia idroelettrica ed energia geotermica erano state già quasi pienamente sfruttate dove ritenuto conveniente; solare, eolico e biomassa hanno cominciato a crescere in maniera consistente negli anni 2000. Permane tuttavia il problema della loro aleatorietà che, vedremo in seguito, continua a limitare la loro penetrazione nella rete e costringe ad avere fonti di backup.

Questo, in sintesi, è ciò che ha portato all’attuale paniere delle fonti italiano, dominato dal gas naturale:

Da dove arriva il gas italiano

Ci sono riserve di gas naturale in Italia, ma al momento le estrazioni nazionali coprono a malapena il 4,4% del consumo interno; inoltre, se dovessimo basarci solo sulla produzione interna, verrebbero esaurite nel giro di pochi anni. Nell’ultimo periodo il loro sfruttamento è in calo costante, la costruzione di nuovi pozzi è pressoché ferma ed anzi si è tentato di bloccare del tutto l’estrazione nazionale (emblematico il referendum del 2016); tutto ciò lascia il nostro paese estremamente dipendente dalle importazioni e quindi dal prezzo del gas sul mercato internazionale.

Per trasportare il gas dai siti di produzione fino ai consumatori ci sono due modalità:

  • Metanodotti, cioè lunghe tubazioni via terra o sottomarine
  • Via nave, il gas viene liquefatto (GNL) e trasportato in navi gasiere dai siti di produzione fino a rigassificatori, che lo riconvertono in gas ed immettono in rete

La rete dei metanodotti che distribuisce il gas in Europa dai siti di estrazione in Nord-Africa, Azerbaijan, Mare del Nord e Russia.

Un rigassificatore e una nave gasiera

In Italia arrivano cinque gasdotti:

  • TAG (Trans Austria Gas) che porta gas russo fino a Tarvisio
  • Transitgas che porta gas dal nord-Europa fino al Piemonte
  • Transmed che porta gas algerino a Mazara del Vallo
  • Greenstream che porta gas dalla Libia a Gela
  • TAP (Trans Adriatic Pipeline) che porta gas dall’Azerbaijan alla Puglia

Ovviamente per costruire un metanodotto serve molto tempo e una volta costruito non permette alcuna scelta sull’origine del gas. Un rigassificatore al contrario permette di ricevere gas naturale liquefatto (GNL) da qualsiasi produttore al mondo; è quindi una fonte molto più flessibile di un gasdotto, anche se mediamente il costo del gas liquefatto è più alto. L’Italia ha tre rigassificatori: a Panigallia, a Rovigo e su una nave offshore ormeggiata tra Pisa e Livorno.

Questa è la provenienza del gas italiano nel 2021, fonte MISE:

il TAP, entrato in funzione da poco e dopo molte proteste, fortunatamente ha permesso di ridurre sensibilmente la dipendenza dalla Russia dopo il picco storico del 45% nel 2015.

Perché gli aumenti

Nel 2021 la ripresa economica post-covid ha portato ad un forte incremento della domanda energetica;  contemporaneamente le riserve europee sono state messe a dura prova da un periodo anomalo con scarsi venti e bassa produzione di energia eolica.

anomalie nei venti aprile – settembre 2021

Ciò ha portato ad un notevole aumento di prezzo del gas a partire dall’estate 2021, dovuto al consumo delle riserve per bilanciare la mancata produzione eolica.
Le tensioni in Ucraina, poi sfociate in guerra aperta, hanno poi portato all’esplosione del costo del gas essendo la Russia uno dei maggiori esportatori verso l’Europa.

Questo aumento di costo della materia prima porta ad un rincaro dell’energia prodotta per famiglie ed imprese. Ovviamente, essendo l’Italia uno dei paesi con un paniere più dipendente dal gas, questi aumenti vanno ad impattare maggiormente sulle nostre bollette, con un aumento del prezzo dell’energia all’ingrosso del 200% da aprile 2021.

Anche se in parte limitato dagli interventi del governo, questo aumento di prezzo inevitabilmente sarà un problema per le famiglie e per le imprese.


nel prossimo articolo parleremo della rete Elettrica e come funziona


pubblicazioni precedenti:











Osservazioni alla Gestione 2021

Che il 2021 fosse un anno difficile lo sapevamo, l’avevamo dichiarato già in fase di approvazione del Bilancio di previsione: eravamo in piena pandemia. E proprio per questo motivo, già ad aprile 2020, avanzammo la nostra disponibilità a collaborare, a unire le forze.

Disponibilità ripetuta più volte come documentato nei nostri interventi in Consiglio comunale nel 2020 e nel 2021. Il buon senso avrebbe suggerito, visto l’emergenza, di unire le forze, di condividere le iniziative, le scelte, le preoccupazioni, ma la nostra disponibilità è stata ignorata.  Così la parola “condividere”, che campeggia nel simbolo della Lista di maggioranza, non è mai stata messa in pratica.

Lo stato di emergenza introdotto dal Governo, valeva per tutti i Comuni; ma le emergenze vanno gestite con accortezza e lungimiranza non chiudendo tutto come fatto da questa Amministrazione.

  • E’ stato votato all’unanimità un ordine del giorno sulla “Gestione dell’emergenza Covid” che prevedeva tra i vari punti l’impegno di “istituire incontri periodici con i capigruppo per aggiornare i consiglieri dell’evoluzione della pandemia e delle iniziative prese o programmate al fine di acquisire eventuali proposte integrative”. In due anni di pandemia, i Capigruppo non sono mai stati convocati.
  • Non è stato risolto, neppure temporaneamente in attesa dei lavori, il grave problema della messa in sicurezza dell’incrocio di via Roma con la Provinciale, dove i mezzi continuano a passare a velocità sostenuta.

Abbiamo sollevato la questione più volte, non è stato introdotto il limite dei 30 Km/h e impostato il semaforo a lampeggiante giallo; un semplice intervento che avrebbe aumentato, in modo significativo, il livello di sicurezza dell’incrocio. Alle criticità già evidenziate aggiungiamo un nuovo episodio che evidenzia la pericolosità della attuale situazione: il Pullman che giornalmente trasporta gli studenti, arrivato all’altezza del Bar, ha messo la freccia a destra per fermarsi all’altezza del Negozio di abbigliamento per far scendere gli studenti. Un bilico, che procedeva a velocità sostenuta dietro al Pullman, non rispettando la distanza di sicurezza e con visuale del semaforo verde davanti, è riuscito solo all’ultimo momento, dopo una brusca frenata, a fermarsi a pochi cm dal pullman.

Ribadiamo per l’ennesima volta la necessità di introdurre i 30 Km/h e il semaforo a lampeggiante giallo, come è stato fatto a Zugliano.

  • Non è stato risolto il problema della sicurezza dei pedoni, ragazzi di scuola e adulti, che ogni giorno nel percorrere via Roma sono costretti a camminare tra le auto in assenza di marciapiede.

La sicurezza è una cosa seria, non va declinata a seconda delle convenienze.

  • nel 2021, 100.000 euro destinati “all’efficientamento energetico, all’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, allo sviluppo territoriale sostenibile, a interventi per l’adeguamento e la messa in sicurezza di scuole, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l’abbattimento delle barriere architettoniche” sono stati destinati tutti a rifare il manto stradale.

Queste risorse potevano essere destinate, almeno in parte, alla transizione energetica, per esempio per produrre energia in modo autonomo da usare per il consumo del Comune e della Scuola, riducendo così i costi sempre maggiori dell’energia elettrica (proposta fatta più di un anno fa in occasione dell’approvazione del Bilancio di previsione 2021), oppure potevano essere destinate alla messa in sicurezza del Municipio.

  • È passato un altro anno senza l’approvazione del Piano degli interventi, strumento base di pianificazione urbanistica.
  • È passato un altro anno senza la messa a punto di un programma a medio periodo di valorizzazione del territorio.

Infine, in riferimento alla trasparenza amministrativa abbiamo chiesto, ancora una volta, che i documenti che contengono in indirizzo i Consiglieri comunali, siano inviati ai Consiglieri nel rispetto dei tempi previsti.

Per queste ragioni il nostro parere, sull’operato della Giunta nel 2021, è un parere negativo, che determina il voto contrario alla Gestione 2021.

Gruppo consiliare “Vivere Calvene”  

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