Di Gianni Balzan
In quest’ultimo periodo, complice il bel tempo e l’acquisto di una bicicletta elettrica, ho avuto modo di frequentare spesso la nostra montagna e di assaporarne la bellezza e la pace.
Ci sono andato nei giorni feriali, lontano dai periodi in cui la maggior parte delle persone sono libere da impegni lavorativi, così da sperimentare lunghi momenti di riflessione in solitudine. La fantastica armonia della natura con il canto a più voci della fauna montana accompagnato dal suono del vento che, incuneandosi tra le fronde degli abeti e dei faggi, alimentava l’organo del bosco, è stata un sottofondo musicale che ha fatto riaffiorare in me ricordi di qualche decennio fa quando una meravigliosa avventura, alla quale ho avuto l’onore di partecipare, ha avuto il suo inizio.
Qualche decennio fa. E sì, era il 1985 e sembra ieri, stiamo invece parlando della preistoria tecnologica e sociale, quando internet era una rete solo militare, l’iphone, antesignano dello smartphone, non era ancora entrato nei sogni di Steve Jobs, in Italia esistevano ancora degli Statisti con la “S” maiuscola e la gente si incontrava e si parlava vis-a-vis.
Ebbene in questo momento storico nacque l’idea di prendere uno stabile in montagna che stava mostrando i segni di degrado e di semi-abbandono, e di trasformarlo in un luogo di incontro, di svago, di crescita e di socialità per la nostra gente: Malga Cima Fonte
C’erano esperienze di successo su analoghe idee sviluppate sempre in quel periodo nei paesi confinanti di Lugo e Caltrano, per cui l’idea non era un vero e proprio salto nel buio, una cosa campata per aria, ma una realtà possibile, chiara, tracciata da un sentiero definito che avrebbe portato alla realizzazione dello scopo finale.
In quegli anni lo stabile non era più una Malga operante da tempo. La parte del suo territorio adibita a pascolo era stata assegnata a Malga Busa Fonte e l’edificio era stato dato in gestione ai frati cappuccini di Thiene che vi organizzavano dei centri estivi per i frati e ragazzi del loro patronato. L’intorno era tutto un groviglio di pericoli dovuti alle vecchie cave di marmo dismesse e mai bonificate.
Effettivamente il panorama che si presentava all’ignaro viandante non era certo dei migliori. Molti avrebbero desistito. Eppure una mente aperta e proiettata al futuro riusciva a scovare e immaginare l’enorme potenziale che si nascondeva sotto quei sassi.
Fortunatamente questa visione era una parte integrale nel DNA degli Amministratori Comunali dell’epoca, Amministratori che decisero, rischiarono e trasformarono l’idea da qualcosa di etereo a qualcosa di reale e tangibile.
Fu così che proprio in quell’anno non venne più rinnovata la convenzione con i frati cappuccini di Thiene e si decise di affrontare la ristrutturazione dello stabile e la sistemazione del territorio intorno, con conseguente messa in sicurezza di tutta l’area.
Una volta assegnato all’ing. Thiella il compito di progettare la ristrutturazione dell’edificio si poneva il problema di realizzare le opere con i pochi soldi disponibili.
In quel periodo in paese si sentiva anche l’esigenza e la volontà da parte di tante persone di partecipare in maniera attiva alla vita sociale del paese. Le legava un clima, uno spirito di collaborazione, di appartenenza e un entusiasmo che si respirava nell’aria. Bisognava convogliare e raggruppare tutte queste energie positive in un’Associazione che avrebbe potuto dare al paese un prezioso valore aggiunto: la Pro Loco.
Se ne parlava già da tempo. Questa è stata l’occasione, la scintilla che ha dato il via alla nascita di questa Associazione, formalizzata solamente l’anno successivo, il 1986.
Ecco allora che si intravide una strada, una via d’uscita per mettere a terra il sogno: Ristrutturare la malga con personale volontario mettendo a frutto le abilità dei tanti professionisti presenti in paese che avevano dato la loro disponibilità sotto la guida e l’organizzazione della neonata Pro Loco.
Si ottenevano così due risultati positivi: il primo era economico perché il comune contribuiva solo con i costi dei materiali (circa 1/3 dell’intero costo di ristrutturazione); il secondo, e a mio avviso molto più importante, era sociale. Ogni volontario si sarebbe sentito una parte importante all’interno del sistema, un protagonista che guardava con passione e soddisfazione al futuro e che un giorno avrebbe potuto dire a figli e nipoti entusiasti al ritorno da un soggiorno in Malga: anch’io ho contribuito.
Certo non erano tutte giuggiole e il clima in paese non era così idilliaco. Storicamente il nostro paese è sempre stato uno “frizzante spaccato in due”. C’è sempre stato il Pro e il Contro, certe volte anche espresso con toni accesi e discussione da bar, altre con volantini e manifesti più o meno anonimi. Allo stesso modo sulla destinazione di Malga Cima Fonte c’erano idee contrastanti in paese. L’Amministrazione Comunale propendeva per una destinazione formativo-ricreativa, altri volevano ripristinarne l’originale funzione di Malga con tanto di stalla e casaro. Visioni diverse, entrambi legittime.
Ho avuto l’Onore di guidare l’Associazione Pro Loco nei primi anni della sua nascita e di vivere in prima persona tutte le vicende legate all’”avventura Malga Cima Fonte”. Come Associazione abbiamo sempre creduto nella bontà della proposta fatta dall’Amministrazione Comunale ed abbiamo sempre cercato di coinvolgere il maggior numero di persone, schierate o meno, senza entrare nell’arena della polemica politica guardando principalmente al bene superiore. Questo ha fatto sì che un gran numero di volontari ci desse fiducia e partecipasse con entusiasmo ad un’avventura durata la bellezza di 4 anni .
Eh sì, dalla primavera del 1986 all’estate 1990, tutti i fine settimana di primavera, estate e autunno in Malga Cima Fonte c’era sempre un cantiere aperto con un continuo via vai di gente.
Ormai le nostre automobili conoscevano il percorso a memoria, buche e avvallamenti compresi.
Generalmente si saliva il venerdì o il sabato, si dormiva in Malga e si tornava la domenica sera. D’estate ci si andava anche nei giorni feriali quando avevamo la disponibilità di qualche professionista che aveva la giornata libera.
Il Comune ci aveva messo a disposizione anche un furgone a 9 posti (il mitico volkswagen arancione che beveva più di una spugna alcolizzata) con il quale portavamo sul posto i volontari che non avevano il mezzo proprio.
In più di un’occasione abbiamo portato anche studenti che aspettavamo il sabato pomeriggio al ritorno dalla scuola e portavamo su per fare dei piccoli lavori.
Il ricordo di queste giornate però non è legato solo al lavoro più o meno duro. Quello che più mi è rimasto nella memoria sono i momenti di condivisione. Io ero un giovane Presidente di Pro Loco di 23 anni da poco entrato nel mondo del lavoro, che nulla sapeva di lavori edili. Qui ho avuto modo di conoscere la vera gente di paese, le persone che ne erano la struttura portante e consolidare amicizie che tuttora sono importanti realtà nella mia vita. Persone eccezionali e generose, sempre positive e pronte a offrire un suggerimento e una soluzione ai problemi, persone gioiose che, alla fine del lavoro, non si tiravano mai indietro nelle occasioni di convivialità.
In più di un’occasione il lavoro domenicale terminava con il pranzo e poi con una festa di canti e balli. C’era chi tornava alle famiglie un po’ brillo o un po’ troppo abbronzato, tanto che nelle consorti rimaste a casa nasceva il sospetto che non si fosse andati in montagna per lavorare…
Pur elogiando il lavoro, la passione e l’impegno di tutti i volontari, permettetemi qui di rivolgere un pensiero riconoscente al capo indiscusso di questa meravigliosa compagnia, che ci ha lasciato ormai da parecchio tempo, ma la cui generosità, professionalità, passione, forza di volontà e coinvolgimento rimangono indelebili nella mia memoria: Italo.
Italo è stato un grande. Coinvolgeva e trascinava e si consigliava con tutti. Portava le persone avanti e indietro con il suo Pajero e fino a quando non era soddisfatto non mollava mai l’osso. Ricordo solo che ha fatto riposizionare i travi del tetto della cucina per ben 3 volte, solo perché non erano perfetti come lui voleva che fossero. E’ stato un esempio non solo per me ma anche per i molti che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e lavorarci assieme. E come Italo molti altri protagonisti di quest’avventura, qui non citati per esigenze di spazio, sono stati esempi illuminanti nel mio cammino di vita.
Fatto questo doveroso inciso devo anche dire che quattro anni di ristrutturazione non sono stati una passeggiata. Nei primi anni l’entusiasmo e la volontà erano alle stelle, poi via via il tempo, nel suo incedere, ha eroso una parte sempre maggiore di quest’entusiasmo tanto che alla fine siamo arrivati tutti molto stanchi. Però con tanta forza di volontà e un bel colpo di reni siamo arrivati a Domenica 8 luglio 1990, giorno della festa di inaugurazione.
E’ stata una bellissima giornata, anche dal punto di vista meteorologico, con un sole che splendeva nel cielo e nessuna nuvola a filtrarne la forza, tanto che il giorno successivo c’era la fila nell’ambulatorio del dot. Cavaliere di persone che avevano “ecceduto” all’esposizione solare…
E’ stato il giorno in cui i Pro e i Contro, assieme, hanno dato il via ad una nuova fase di Malga Cima Fonte: la sua gestione. Già dal giorno successivo la parrocchia aveva organizzato la partenza dei primi campi scuola. Campi scuola che sarebbero diventati una preziosa realtà per la formazione dei nostri giovani negli anni a venire.
E poi da qui una nuova avventura ha avuto inizio. Ma questa è un’altra storia.
Ora girando nel silenzio delle nostre montagne ho avuto modo di passare più di una volta davanti la Malga. L’ho sempre trovata desolatamente chiusa. Mi si stringe il cuore ogni volta che la vedo così e ripenso alla forza, al coraggio di affrontare il rischio e alla dedizione di tante persone che hanno creduto ad un sogno. Sapevamo per certo che non sarebbe durato in eterno, ma non pensavamo neanche che potesse essere così breve.














