Antonio Dalla Stella
Nel 1947 le Nazioni Unite, a seguito dello sterminio di ebrei europei durante l’Olocausto, votarono per la spartizione della Palestina in due Stati: uno ebraico (Israele) e uno arabo (Palestina).
I palestinesi rifiutarono il compromesso. Il 14 maggio 1948 David Ben Giurion proclamò ufficialmente la nascita dello Stato di Israele.
Quello stesso giorno le armate arabe di Siria, Giordania, Egitto e Iraq attaccarono il paese. Cominciò così la prima di una serie di guerre che Israele si è trovato a combattere contro un fronte arabo deciso a eliminare questa sua presenza dalla carta geografica.
Lo stato ebraico conquistò più territorio di quello che era stato offerto dall’Onu e oltre 700mila palestinesi furono cacciati o fuggirono dalle loro terre. Fu la “Nakba”, “la catastrofe”, che ogni 15 maggio viene celebrata con dolore. Lo stesso giorno in cui gli israeliani festeggiano il loro Giorno dell’Indipendenza. Altre centinaia di migliaia di palestinesi sarebbero diventati profughi nel 1967.
Il 13 settembre 1993 gli accordi di Oslo, sottoscritti tra Rabin e Arafat alla presenza dei rappresentanti di Stati Uniti e Russia in veste di garanti, prevedevano l’istituzione della Autorità Nazionale Palestinese con il compito di autogovernare, in modo limitato, parte della Cisgiordania (WEST BANK colorata in verde nella mappa sottostante) e la striscia di Gaza ed hanno riconosciuto l’OLP (Organizzazione Liberazione Palestina) come partner di Israele nei negoziati sulle questioni in sospeso.
Le questioni mai risolte: i confini tra Israele e Palestina, gli insediamenti israeliani, la presenza militare di Israele nei territori palestinesi.

La Cisgiordania (WEST BANK) fa parte, assieme alla Striscia di GAZA, dei “Territori Palestinesi”.
È sufficiente seguire il tracciato della linea rossa (il muro o filo spinato) che delimita i territori Palestinesi da quelli Israeliani per capire la complessità della questione.
Confini contorti che penetrano nei territori Palestinesi là dove ci sono sorgenti d’acqua.
All’interno della zona verde “Territori palestinesi” i triangoli neri rappresentano gli insediamenti israeliani.


La realtà Palestinese tra Hamas e Al-Fatah
Hamas è un movimento militante islamico che non riconosce Israele ed è uno dei due principali partiti politici dei Territori palestinesi. L’altro movimento è Al-Fatah, un partito laico e nazionalista che riconosce Israele e che detiene la presidenza dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP).
Dal 2006, l’ultima volta in cui si sono tenute le elezioni parlamentari palestinesi, Hamas governa la Striscia di Gaza con più di due milioni di abitanti, mentre Al-Fatah governa la Cisgiordania con 3,5 milioni di abitanti.
Nel 2007, una breve guerra civile tra Hamas e Al-Fath ha decretato definitivamente il controllo di Hamas sulla Striscia di Gaza, eliminando o allontanando gli esponenti avversari. Lo stesso avvenne per i funzionari di Hamas eletti in Cisgiordania.
Il 18 giugno 2007, il Presidente palestinese Abu Mazen (Al-Fath) ha emesso un decreto che mette fuorilegge le milizie di Hamas.
Gaza
Dal 1967 al 2005, la Striscia di Gaza è stata occupata militarmente da Israele. Dal 2007, due anni dopo il ritiro israeliano, Israele continua a operare un blocco sulla striscia, ovvero la chiusura quasi totale dei valichi di frontiera e degli accessi via mare e aerei, che dura tutt’ora.
In questi ultimi 16 anni la vita quotidiana di Gaza si è costantemente deteriorata, creando una situazione al limite della sostenibilità.
La maggior parte degli abitanti di Gaza, 71 %, sono rifugiati che vivono in un esilio perenne, dopo essere stati espulsi dai territori occupati da Israele nel corso della prima guerra arabo-israeliana (Nakba) del 1948.
A Gaza le persone tra 0 e 14 anni sono il 39 % della popolazione (in Italia sono il 12 %), quelle con più di 65 anni il 2,9 % (in Italia sono il 23 %); l’età media è di 18 anni, in Italia di 46 anni.
A Gaza, nel 2022, l’elettricità è stata erogata in media 13 ore al giorno.
Il 96 % dell’acqua è considerata non potabile, più della metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà, l’80 % fa affidamento sugli aiuti esteri e il 75 % dei giovani è disoccupato.
Una generazione di ragazzi, ragazze, che nasce in un luogo da cui non può uscire.
(intervista Vicario di Gerusalemme)
Il 16 maggio 2021, nella sezione “Sguardo nel Mondo” di questo sito, abbiamo pubblicato un articolo sulla crisi Israelo-Palestinese con questo grido di allarme del Patriarca Vicario di Gerusalemme, profondo conoscitore del territorio: “Speriamo non si arrivi alla disperazione totale, allora sarebbe una terza Intifada, disastrosa per ambo le parti, bisogna assolutamente evitarla; la non ricerca di soluzioni che si trascina da decenni, è la strada che porta allo scontro militare tra Israele e Hamas di Gaza”.
7 ottobre 2023 – Non possiamo che condannare con fermezza l’efferato attacco di Hamas, del 7 ottobre scorso, ai danni di Israele e della sua popolazione e fare nostra la dichiarazione dell’Alto rappresentante per la politica estera europea Borrel:
“dopo l’attacco del 7 ottobre scorso, Israele ha certamente il diritto di difendersi, ma questo diritto non può in alcun modo travalicare il diritto internazionale e umanitario. Non è tagliando l’energia elettrica, l’acqua e lasciando alla fame i palestinesi che si sconfiggono i terroristi. Dobbiamo fermare Hamas, lo vogliamo tutti, ma anche in guerra ci sono delle regole che vanno rispettate. A seguito dei bombardamenti israeliani successivi all’attacco di Hamas a Gaza ci sono già, ad oggi, più di 4.000 morti e 13.000 feriti, un quarto sono bambini. Non aggiungiamo dolore al dolore. Non rispondiamo alla morte di civili spezzando le vite di altri bambini, anziani o persone innocenti. Non alimentiamo il linguaggio d’odio e le false informazioni che non fanno che incendiare il clima già teso. Questo conflitto deve fermarsi una volta per tutte, assicurando che ognuno possa finalmente vivere in pace nella propria terra. Non c’è altra soluzione per evitare una strage ancora peggiore di quella che abbiamo sotto gli occhi”.
Oggi la comunità internazionale si trova di fronte ad una catastrofe umanitaria di dimensioni e pericolosità mai viste e deve prendere una decisione: o rimuovere finalmente alla radice le cause di tanta e tale violenza o prepararsi ad altre tragedie la cui portata sarà sempre maggiore, con il pericolo di saldarsi con altre guerre e altre crisi con conseguenze inimmaginabili.
Senza il riconoscimento dello Stato di Palestina, esiste un solo Stato, quello Israeliano e un popolo, quello Palestinese senza una patria.
È inderogabile una iniziativa del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per una immediata Conferenza internazionale di pace per sancire, finalmente, il riconoscimento dello Stato di Palestina come membro a pieno titolo delle Nazioni Unite, fissando i confini tra i due Stati e trovando tutte le formule di compensazione tra le due comunità che dovranno essere garantite e accompagnate dall’impegno e dalla responsabilità dei due Stati d’Israele e di Palestina e dalla comunità internazionale.
Stati Uniti, Russia, Cina, ma soprattutto l’Europa che, con una “voce unica”, deve contribuire alla soluzione definitiva del problema.
Altro ruolo fondamentale, in questo processo di Pace, lo devono svolgere i paesi Arabi moderati.
Da parte nostra partecipiamo attivamente alle iniziative di Pace

A sostegno dell’iniziativa per la Pace, promossa da Papa Francesco, del 27 ottobre
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