Come ogni anno dal 2009 l’8 dicembre ha aperto al pubblico il Presepe Artigianale di Diego Pasin, una vera e propria opera d’arte frutto di passione, dedizione e tanta inventiva.
L’idea di Diego Pasin, classe 1948, nato e cresciuto a Calvene, inizia con la costruzione di un piccolo pezzo di presepe in stile orientale, realizzato di pura fantasia e ancora oggi inserito all’interno del complesso. Successivamente si dedicherà ogni giorno alla costruzione e ricostruzione dei monumenti storici e religiosi più significativi del suo paese, Calvene: circa 7000 ore di lavoro accumulate negli anni per costruire minuziosamente e in scala (1 metro = 3 cm) edifici religiosi, case, monumenti e stalle, con una certa attenzione anche per la storia. Nulla è dato al caso, Diego per ogni edificio è attentissimo ai dettagli, alla sua storia e alla sua costruzione: per ogni opera tutto viene realizzato a mano, a partire da sabbia e acqua per la creazione dei mattoncini con cui ogni struttura è costruita.
Con il Presepe Artigianale è possibile vedere e riconoscere monumenti presenti all’interno del tessuto urbanistico di Calvene, come la Chiesa Arcipretale in Piazza Resistenza,
costruita nel 1852 dopo una terribile alluvione del torrente Chiavona che distrusse la pieve originaria situata in prossimità dell’attuale cimitero, il campanile,
il capitello di San Marco, conosciuto spesso con il nome di “capitello della Madonna della Cintura”,
la chiesetta di San Bellino al Monte di Calvene (1754),
il ponte ad arco ribassato sull’Astico (1907/1908),
Ma con il presepe di Diego è possibile fare un salto indietro nel passato e immaginare anche quegli edifici ormai scomparsi, ma che lui ha deciso di rappresentare: il maglio che da’ il nome alla Contrada,
oggi non più presente perché abbattuto nel 1903, quando Bernardino Nodari lo acquisì dalle ditte Testolin e Bonauguro per costruire al suo posto una centrale idroelettrica dotata di due turbine Francis della ditta Riva di Milano, per rifornire di energia elettrica la sua cartiera a Lugo di Vicenza, oppure “il ponte che bala” della centrale idroelettrica Rossi, spazzato via dalla “brentana” durante l’alluvione del 4 novembre del 1966, ma rimasto nella memoria di molti compaesani,
il ponte che bala” della centrale idroelettrica Rossi,
e infine l’affresco del “Paradiso” una volta presente su una casa lungo la strada che porta a Caltrano, ora ricoperto dalla malta, ma ricostruito secondo i ricordi di Diego dall’artista Martina Dalla Stella.
Il primo edificio di Calvene ricostruito da Diego è il “Mulino della Teodolinda”, edificato secondo le fonti storiche nel 1768, quando Antonio Sartori Piovano di Villaraspa chiese al Magistero delle Acque la possibilità di utilizzare le acque del torrente Chiavona per uso di un molino a copedello di una roda in tutto (Brazzale 2022).
“Mulino della Teodolinda”
Successivamente l’impegno e il lavoro di Diego si riversarono nella ricostruzione della Contrada Maglio, una delle più antiche di tutto il paese, ma soprattutto luogo in cui Diego stesso nacque.
Contrada Maglio con l’affresco del “Paradiso”
Il lavoro di Diego risulta straordinario, non solo per come vengono ricostruiti manualmente gli edifici, ma anche per i dettagli che sa rappresentare al loro interno, con un pizzico di dolcezza e nostalgia: la cameretta nella sua casa di origine con la foto dei suoi genitori appesa sopra il letto,
gli interni della Chiesa Arcipretale di Calvene,
Patronato – Chiesa – Canonicail cinema-teatro all’interno del Patronato,
la vecchia scuola elementare nella sede del Municipio (ultimo pezzo aggiunto quest’anno al presepe), dove ricorda il suo primo giorno di scuola il 1 ottobre 1954.
A sbirciare nelle piccole finestre in legno di ogni edificio ci si perde veramente nella minuziosità dei dettagli, e a pensare che il tutto è stato realizzato a mano si rimane davvero a bocca aperta.
Il presepe è aperto ogni giorno dall’8 Dicembre 2022 al 22 Gennaio 2023 tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.30. Entrata Libera. Le offerte andranno in beneficenza per mano di suor Valentina Elisa Baù ad una missione in Guinea Bissau.
Ringraziamo Diego Pasin per la sua disponibilità a rilasciare questa piccola intervista, in un tour privato del suo meraviglioso Presepe. Grazie Diego.
Silvia Binotto
altri particolari del Presepe
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Buon Natale e un Augurio di un sereno 2023 alla Comunità di Calvene
Quando Calvene era un bel paese fondato sui sassi rossi, c’era un ragazzo che amava l’arte, la cultura e la montagna. Nato a Calvene nel 1939 negli anni 50/60 frequenta la scuola d’arte di Nove Bassano.
Era uno spirito libero, interessato ad ogni cosa nuova che in quegli anni nasceva. Socialista libertario, antifascista, anticonformista e contro tutti i totalitarismi. Era contrario ad ogni forma di violenza, e si è sempre battuto per una società più giusta, libera e democratica.
Fu tra i primi a capire che la società dei consumi, allora da noi solo appena iniziata, avrebbe portato il nostro pianeta alla catastrofe ambientale attuale. In alcuni quadri da lui dipinti era già chiaro cosa ci avrebbe portato il nascente consumismo sfrenato senza regole. Difatti dipingeva cose morte da inquinamento e siccità.
Per tutta la vita ha fatto l’insegnante di artistica alle scuole medie riscuotendo sempre l’ammirazione da parte dei genitori e degli alunni per la sua preparazione e semplicità.
Mirco non era certo una persona triste, anzi, sempre allegro, disponibile a fare festa combinandone di tutti i colori. Chi ha avuto la fortuna di frequentarlo sa di cosa parlo.
Fin da ragazzo è sempre stato impegnato nelle attività culturali del paese dipingendo gli scenari per le rassegne teatrali che allora venivano fatte nel teatro del paese dalla Scuola materna e i “caroselli” proposti dalla Schola cantorum Santa Cecilia di Calvene diretta dal Maestro Brazzale Olinto. Questi “caroselli” giravano i teatri della provincia e se non ricordo male hanno vinto anche qualche premio.
Ma oltre a dipingere gli scenari era anche un ottimo cantore contribuendo a rendere il paese famoso per le sue Messe cantate, in primis la Messa di mezzanotte Natalizia.
Grande festaiolo e grande ballerino del nascente Rock And Roll era corteggiato da molte ragazze, ma lui in quegli anni faceva coppia fissa con la ragazza più bella di tutte. Erano la coppia più ammirata ed invidiata del paese. Ma come tutte le belle cose, anche il loro amore finì e ognuno scelse strade diverse…..
Si immerse allora nella pittura dei famosi quadri che arredano molte case di Calvene e d’intorni e anche la sala della Giunta comunale.
Sarebbe bello che, con uno sforzo comune, si riuscisse a catalogare e fotografare tutte le sue opere.
Proseguiva intanto la sua attività sociale e politica. Per molti anni è stato Consigliere comunale di minoranza del PSI, aperto comunque a quanto succedeva allora in paese.
Nel 1973, collaborò attivamente con il Circolo Culturale Democratico per allestire una mostra fatta in occasione del colpo di stato fascista in Cile.
In quella occasione vennero esposti quadri, diventati famosi, che ricordavano anche i Baschi uccisi con la garrota in Spagna dal morente regime Franchista.
Partecipò attivamente alla fondazione della Lista Civica per Calvene e sempre contrario alla violenza, anche lui rispose subito all’invito dell’allora Sindaco Pellegrini a scrivere, in un’aula delle scuole elementari, un manifesto di condanna per il sequestro dell’Onorevole Aldo Moro.
Allora non si facevano tante foto, ma sarebbe interessante vederne una con Mirco e il Maestro Pellegrini, inginocchiati per terra, mentre insieme scrivevano il testo del manifesto.
Proseguiva sempre la sua attività di pittura partecipando a mostre e facendo l’insegnante nella scuola di pittura di Zugliano.
Sempre presente ai Consigli comunali e per molti anni membro attivo della Protezione civile.
Una semplice targa posta a Cima del Porco ricorda Mirco ed il Maestro Olinto.
Loris Manzardo
Natale 1966 – San Giorgio di Perlenaa Cima del Porco
INTERVISTA AL SIG. GUELFO BINOTTO, EX CUSTODE DELLA CENTRALE DI CALVENE
di Silvia Binotto
In un pomeriggio autunnale dello scorso anno abbiamo avuto il modo e il piacere di ascoltare le parole del sig. Guelfo Binotto e le sue memorie raccolte in più di 40 anni di lavoro come custode presso la centrale idroelettrica di Calvene in via Astico, monumento di archeologia industriale da conoscere e salvaguardare e un tempo simbolo di modernizzazione economica e tecnologica del nostro paese.
Il sig. Guelfo con passione e dedizione ha raccontato aneddoti sulla costruzione e la messa in funzione della centrale idroelettrica, come un libro di storia aperto e pronto ad essere letto e ascoltato, fornendo anche moltissime immagini d’epoca e foto di momenti storici significativi, come l’alluvione del 4 novembre 1966 che colpì l’Italia, a seguito di un’eccezionale ondata di maltempo, causando non pochi danni anche a Calvene e nei paesi limitrofi.
Foto storica della centrale di Calvene, custodita dal sig. Guelfo e donatagli in segno di riconoscimento per il lavoro svolto come custode presso la stessa, per più di 40 anni.
La centrale idroelettrica di Calvene, in via Astico, fu costruita per volere dell’illustre industriale scledense Alessandro Rossi [1], pochi anni prima della sua morte avvenuta dopo una breve malattia il 28 febbraio 1898 a Santorso. Il progetto fu affidato all’ingegnere di Schio Carlo Letter dallo stesso Rossi: inizialmente Letter fu incaricato di eseguire degli studi e dei sopralluoghi lungo il corso dell’Astico nel tratto tra Calvene e Chiuppano per individuare il luogo più adatto per costruire una centrale idroelettrica che sfruttasse le acque stesse del torrente. Individuato il luogo a Calvene, dove ora sorge la centrale, Alessandro Rossi si rivolse nel 1891 al Ministero dei Lavori Pubblici e al Magistrato delle Acque per avere la concessione di costruzione e di sfruttamento dell’acqua; quest’ultima fu assegnata per 80 anni.
Dal 1891 al 1893 furono progettati i lavori di costruzione, poi affidati alla Ditta Apolloni di Chiuppano. Lo scarico dell’acqua fu costruito dal sig. Binotto Giuseppe Speziale e Soci di Calvene.
L’edificio è di cinque vani dove l’acqua giungeva attraverso un canale industriale lungo quasi 3km (2800m), con otto gallerie scavate a mano in rocce vulcaniche, principalmente basalti di colata, una di queste lunga addirittura 300m, le altre più piccole.
Il canale prevedeva una portata d’acqua di 9m³ al secondo. La centrale era dotata di tre turbine Francis con 32 pale ciascuna di marchio Riva di Milano, le quali sfruttavano un salto di 12 metri e 70 centimetri. Le turbine erano controllate nella sala macchine della centrale e regolate in base alla portata d’acqua dell’Astico stesso, non sempre regolare.
Il senatore Alessandro Rossi acquistò a Norimberga dei trasformatori tedeschi dalla fabbrica di Sigmund Schuckert, che furono poi montati e messi in funzione da tecnici tedeschi che vi lavorarono due anni, dal 1898 al 1900.
Agli inizi del 1900 la centrale idroelettrica di Calvene era attiva.
Il sig. Binotto Guelfo all’interno della sala macchine della centrale Rossi di Calvene.
Uno dei problemi principali dei lavori di costruzione e montaggio fu la logistica, ovvero il trasporto di materiali così pesanti nel luogo dove sorge la centrale tuttora: per raggiungere il luogo individuato era necessario attraversare il ponte sull’Astico, che collegava – e tutt’ora collega – il centro del paese con le contrade meridionali sorte sulla destra idrografica del torrente. Al tempo, infatti, il ponte era ancora in legno e solo qualche anno più tardi, in seguito alla piena del 16 maggio 1905 che lo distrusse, fu costruito in cemento armato (si veda l’articolo dedicato). Inoltre la strada che oggi porta alla centrale (via Astico) non esisteva e fu costruita in un secondo momento. Si decise dunque di portare tutto il materiale nella strada che porta a Caltrano e da lì, mediante impalcatura, calare il tutto nel torrente Astico per poi trasportarlo nel luogo indicato quando non era in piena.
L’energia prodotta a regime dalla centrale, con la centrale di Rozzola di Chiuppano, tramite una linea di distribuzione a 25 mila Volts, lunga più di 30km, riforniva il Cotonificio Rossi di Vicenza: fu questa la prima linea elettrica in Europa di questa elevata potenza. Inizialmente l’azienda Rossi voleva costruire il nuovo stabilimento proprio nei pressi della centrale di Calvene ma “i proprietari di terreno osteggiarono con ogni mezzo la costruzione del Cotonificio Rossi nel tratto pianeggiante in prossimità della centrale sull’Astico, obbligando la ditta a sistemare i suoi impianti a Vicenza [2]”.
Furono quindi costruiti nuovi stabilimenti a Lisiera, Debba e Vicenza.
In un successivo momento la storia della centrale idroelettrica di Calvene si intrecciò con la storia della Cartiera di Bernardino Nodari [3] a Lugo di Vicenza (VI). Dopo la tragica morte di Bernardino avvenuta il 19 gennaio 1894, la guida della cartiera venne assunta da Tito Braida, con direttore tecnico Ruggero Benetti che fu collaboratore strettissimo di Bernardino stesso. Nel 1903 la cartiera acquisì dalle ditte Testolin e Bonaguro gli edifici “da maglio” nell’omonima contrada di Calvene, demoliti per costruire al loro posto una centrale idroelettrica dotata di due turbine Francis della ditta Riva di Milano. La centrale della contrada Maglio insieme a quella in località Serra di Lugo di Vicenza servivano al rifornimento elettrico della Cartiera. Il diritto di derivare acqua dal torrente Astico venne concesso in origine alla Cartiera Bernardino Nodari già nel 1882, con Regio Decreto del 7 Dicembre.
Per la costruzione della nuova centrale in località Maglio si decise di sfruttare al meglio le opere già esistenti, ovvero la centrale Rossi poco più a nord. Dalla destra idrografica del torrente Astico, l’acqua doveva passare alla sinistra idrografica, e per questo motivo all’attuale “passante” fu costruita una galleria che taglia trasversalmente l’Astico, ricavata sotto la briglia in corrispondenza dello scarico della centrale Rossi.
Dopo il sottopasso del torrente, il canale in galleria prosegue per circa 300 metri, e poi a pelo libero per altri 700 metri (la roggia), lungo la sponda sinistra del torrente Astico fino a contrada Maglio e alla nuova centrale idroelettrica.
La Roggia.Centrale idroelettrica in località Maglio Calvene.
Tra le varie concessioni per la costruzione della centrale e la derivazione delle acque dal torrente Astico si leggono alcune particolari condizioni che la Cartiera Nodari doveva garantire al paese di Calvene:
“La Società concessionaria è autorizzata a cedere al Comune di Calvene la potenza di 4 HP effettivi affinché se ne serve per dare moto ad un molino […]. Nell’interesse degli abitanti delle contrade prossime al canale di condotta, la Società concessionaria dovrà conservare e mantenere in efficienza a proprie spese la vasca della capacità di quattro metri cubi ad uso abbeveratoio seguita da altra vasca ad uso lavatoio capace almeno di otto persone, situata presso la strada Pocosa di accesso al Ponte Magan attraverso il torrente Astico, alimentata in modo continuo con l’acqua del canale di carico mediante tubazione della portata di un litro al secondo.”
Abbeveratoio in Contrada Maglio.
Lavatoio presso il Ponte sull’Astico (bene da recuperare).
La Società concessionaria, ovvero la Cartiera di Lugo di Vicenza, proprio per la garantita concessione di derivazione delle acque doveva mantenere in buono stato tutte le opere necessarie, “sia per attraversamenti di strade, canali, scoli e simili, sia per la difesa della proprietà e del buon regime del torrente Astico e valli confluenti”, con il dovere anche di costruire nuove opere qualora fosse stato necessario [4].
L’alluvione del 1966 dalle parole e dalle foto del sig. Guelfo Binotto
Il 4 novembre 1966 un’eccezionale ondata di maltempo investì l’Italia e causò non pochi danni anche nel nostro paese, soprattutto nelle aree prossime al torrente Astico.
“Ero alla finestra quando ho visto un grosso albero trasportato dall’acqua, che passava sopra el ponte che bala, prendendone i ferri e portandolo via; più sù si vedeva el ponte de Zucchi, sembrava tutto un lago.
Il torrente ingrossatosi fece, fortunatamente, una breccia nel canale di scarico, non creando così grossi danni a tutto il complesso ma i canali si riempirono di fango e ghiaia e fu necessario ripulire tutto a mano. L’acqua giunse a 1.70 m più alta del livello del pavimento delle macchine.”
E ancora: “ Visto che il livello dell’acqua continuava ad aumentare io (il sig. Guelfo) e due miei colleghi, uno di Zugliano e uno di Caltrano, per precauzione decidemmo di costruire un robusto sbarramento, il quale fortunatamente resistette all’urto dell’acqua e la centrale non si allagò.”
Più che le parole sono le foto a raccontare l’evento.
Fango e detriti portati nei canali durante l’alluvione del 4 novembre 1966 (foto archivio Binotto Guelfo).
Poco sopra il davanzale della finestra si vede il livello che raggiunse l’acqua dell’Astico il giorno dell’alluvione.
Negli ultimi anni i passaggi di proprietà delle centrali sono stati accompagnati da consistenti ristrutturazioni interne, che hanno sostituito le storiche apparecchiature con macchinari in grado di sfruttare al massimo l’importante risorsa “ACQUA” nella produzione di energia pulita e rinnovabile, mentre l’esterno conserva il disegno originale degli edifici quale importante testimonianza di archeologia industriale da conservare con orgoglio.
Centrale Rossi.Centrale al Maglio.
Foto storiche el “ponte che bala” al Passante.
Da Archivio Francesco Brazzale.Da Archivio Binotto Guelfo (Mirco Polga a destra).Foto da Roberto e Massimo Brazzale (al centro in basso il papà Gino)
NOTE AL TESTO
[1] “Ingegno possente, raccolse, perfezionò, ingigantì l’incerta e giovane industria laniera della sua Schio, e per essa tenne alto nei traffici del mondo il nome d’Italia. Chiaroveggente, con ardore sempre giovanile, iniziò grandi cose: fondò la Scuola Industriale a Vicenza, creò a Santorso il Podere modello, Mecenate accrebbe, arricchì, decorò, la piccola terra che gli aveva dato i natali, assicurando ad essa nome onorato fra le città sorelle. […] beneficò regolarmente il suo prossimo, provvedendo ai parvoli, educando i fanciulli, dando lavoro all’operaio […]”: una sintesi efficace della figura di Alessandro Rossi (1819-1898) dalle parole di don Sebastiano Rumor (1862-1929).
[2] Lino Pellegrini, Calvene, 1953, p. 8.
[3] Tecnico ed imprenditore di formazione internazionale, contraddistinto da forte intuizione Bernardino Nodari (1836-1894) fondò la Cartiera di Lugo di Vicenza, un’impresa-pilota che trasformò l’antica industria cartaria del Veneto e fece della Cartiera stessa di Lugo uno dei più moderni stabilimenti d’Italia.
[4] Tutta la documentazione riguardante la Cartiera di Lugo di Vicenza e la centrale idroelettrica della contrada Maglio di Calvene ci è stata gentilmente fornita da Roger Testolin.
Negli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale, il piccolo paese di Calvene fu protagonista di un piano di modernizzazione davvero significativo, al quale partecipò anche una figura fondamentale nel panorama dell’ingegneria e dell’architettura nazionali.
Tra il 1906 e il 1907 l’ingegnere Arturo Danusso della società torinese Porcheddu Ing. G. A. progettò il nuovo ponte sull’Astico, in cemento armato e ad arco ribassato, sostituendo definitivamente il precedente ponte ligneo abbattuto da una piena del torrente nel maggio del 1905.
Arturo Danusso (da GIOVANNARDI 2009)
Arturo Danusso nacque a Priocca d’Alba, in provincia di Cuneo, il 9 settembre 1880, da una famiglia della piccola borghesia. Il padre Ferdinando era insegnante di fisica e matematica presso un Istituto Tecnico di Genova, dove Arturo trascorse i primi anni d’infanzia. All’età di soli quattro anni Arturo divenne orfano del padre: con la madre Paolina e il fratellino Ernesto (nota 1) si trasferì da Genova, prima a Priocca d’Alba e poi definitivamente a Torino, dove iniziarono una vita segnata dalle ristrettezze e dalle difficoltà economiche.
A Torino, grazie all’aiuto del parroco della Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, conosciuto tramite il parroco di Priocca, la madre di Arturo trovò un appartamento in via Baretti, 36 nelle vicinanza della Scuola degli Ingegneri del Valentino.
Per guadagnare qualche soldo in più Paolina trasformò l’appartamento in una pensione per i giovani studenti della Scuola degli Ingegneri: tra questi soggiornó in casa Danusso anche il giovane studente sardo Giovanni Antonio Porcheddu (1860-1937), una figura fondamentale nella futura vita lavorativa di Arturo.
Nonostante le difficoltà economiche, il giovane Danusso si dimostrò sempre forte, tenace ed intelligente, tanto da ottenere una borsa di studio del Collegio delle Province (nota 2) con cui riuscì a pagare l’iscrizione alla Scuola d’Applicazione per Ingegneri di Torino. Frequentò così il biennio della Facoltà di Matematica e poi la Scuola d’Applicazione del Castello del Valentino (nota 3).
Anche all’Università Arturo si fece notare per le sue doti: studente modello e primo del suo corso, terminò gli studi alla giovane età di 22 anni, conseguendo il 29 agosto 1902 la laurea con lode in ingegneria civile.
Nel frattempo Giovanni Antonio Porcheddu, terminati gli studi, fondò con non poche difficoltà un’impresa di costruzioni in cemento armato: una novità assoluta nel panorama dell’edilizia italiana, Porcheddu infatti fu il primo licenziatario del brevetto Hennebique (nota 5).
Saldati i debiti per la pigione con la madre di Danusso, Porcheddu propose ad Arturo di lavorare per la sua società: per iniziare a guadagnare e rendersi così indipendente dalla madre, Arturo accettò l’offerta. Ben presto, però, iniziò a non sentirsi completamente a suo agio nel lavoro, provando la sensazione di essere stato assunto da Porcheddu solo per fare un favore alla madre Paolina. Arturo decise quindi di provare altre strade: vinse il concorso bandito dalle Ferrovie Meridionali e si trasferì a Benevento. In occasione di un ritorno a Torino, fu accolto benevolmente da Porcheddu che gli rinnovó la proposta di lavorare per lui.
Chiariti i disagi della prima esperienza, i due ingegneri fecero un accordo per una nuova collaborazione.
“Si ebbe allora un periodo di eccezionale attività: ottimi ingegneri, fra loro cordialmente affiatati, vi collaborarono, inserendo nella feconda corrente di pensiero le loro particolari fisionomie di studiosi e progettisti. L’ingegnere Porcheddu, occupato nella direzione generale di quella che ormai era divenuta una grande impresa […], scelti con cura i propri collaboratori lasciava loro libertà d’azione. Così quello fu, per tutti noi che vi passammo fervidamente parecchi anni, una scuola di rara efficacia, in un tempo in cui la teoria diceva ben poco in confronto di quello che la pratica aveva osato con felice arditezza…”, così ricordava lo stesso Arturo il periodo alla società Porcheddu, in uno scritto in occasione della morte di Giovanni Antonio Porcheddu, pubblicato nella rivista “Il cemento armato” (n. 11, Novembre 1937, Milano).
Grazie alle sue spiccate qualità Arturo Danusso divenne fin da subito uno dei collaboratori di punta dell’ufficio tecnico della Società Porcheddu Ing. G. A.: impadronitosi della moderna tecnica di progettazione con il sistema Hennebique firmó numerose opere dove la tradizione italiana fu salvaguardata, ma nel frattempo il “moderno” veniva aggiunto.
A soli 27 anni firmó il progetto per il ponte sul torrente Astico a Calvene (1907-1908): un’opera di straordinaria importanza anche se all’apparenza non sembra, in quanto mai prima di allora fu costruito un ponte con un arco così ribassato.
Progetto definitivo per il ponte sull’Astico di Calvene inviato con lettera del 29 maggio 1907 dalla Società Porcheddu agli ingegneri Quirino Dalla Valle e Adelchi Zuccato (da LIVERANI 2010/2011)
“… Previsto per veicoli leggeri è vissuto felicemente attraverso due guerre, che non gli risparmiarono carichi ben maggiori”, così lo ricordava Arturo stesso. Il ponte sull’Astico fu forse il “prototipo” principale per il Ponte del Risorgimento di Roma, realizzato solo quattro anni più tardi (i lavori iniziarono nel 1908 e terminarono nel 1911). Il Ponte del Risorgimento fu progettato da Porcheddu con la supervisione di Hennebique e la stretta collaborazione di Danusso.
A Danusso si devono numerose opere e progetti, tra cui la ricostruzione del campanile di San Marco a Venezia (nota 5).
Arturo lavorò fino ai 35 anni per la ditta Porcheddu, vinse poi nel 1915 il concorso per la cattedra di Meccanica Strutturale presso il Regio Istituto. Superiore a Milano (poi Politecnico), dove insegnò fino al 1950, ottenendo fama e notorietà negli ambienti scientifici accademici, tanto da affiancare alla sua brillante carriera accademica anche il lavoro di consulente. Fece infatti parte delle commissioni di valutazione dello stato strutturale della Torre di Pisa, della Mole Antonelliana e della Cattedrale di Milano.
Dopo 35 anni di insegnamento lasciò la cattedra nel 1950 e nel 1955 fu nominato professore emerito.
“Fu docente insigne, dalla parola al tempo stesso piana ed elevata, che fondata su basi scientifiche e tecniche, portava in aula il riflesso di un’attività scientifica e professionale di alto livello e, soprattutto, il riflesso di un’intensa vita spirituale nutrita di profonda meditazione e di non meno profonda umiltà”, con queste parole il suo studente Pietro Locatelli ricordava Arturo Danusso, il quale morì infine a Milano il 5 dicembre del 1968.
Padre del cemento armato assieme al collega Giovanni Antonio Porcheddu, Arturo Danusso ha lasciato nel paese di Calvene un gioiello ingegneristico dal valore inestimabile, un ponte simbolo di modernizzazione e unità.
NOTE AL TESTO
Nota 1: Il fratellino Ernesto morì a soli tre anni nel 1886 per difterite.
Nota 2: Il Collegio delle Province era una borsa di studio di £. 70 mensili per 10 mesi l’anno. Per ottenerla era necessario superare la licenza liceale con la media del 7 e presentarsi nella sede dell’Università per un ulteriore esame di licenza, aggravato da altre prove di fisica, matematica, filosofia e dal componimento in latino. Arturo riuscì 3° su 80 e mantenne la borsa di studio per tutto il corso universitario, ciò significò avere la media del 27, fare tutti gli esami a luglio, non avere nessun voto inferiore al 24.
Nota 3: Il Castello del Valentino è un’antica residenza sabauda. Nel 1864 l’edificio divenne sede del Regio Museo Industriale e dal 1880 ospitò i laboratori di idraulica della Regia Scuola diApplicazione per gli Ingegneri. Nel 1906 la Regia Scuola di Applicazione e il Regio MuseoIndustriale furono fuse dando origine al Regio Politecnico di Torino.
Nota 4: Il sistema prende il nome dal suo inventore, François Hennebique (1842-1921) che fu inizialmente riconosciuto come l’inventore del calcestruzzo armato, sistema edilizio che brevettò nel 1892.
Nota 5: Il campanile di San Marco a Venezia crollò al suolo il 14 luglio 1902: la struttura implose sotto il proprio peso e lasciò un cumulo di polvere. L’alto valore storico e architettonico dell’edificio impose una fedele ricostruzione, la struttura interna però poteva essere alleggerita e resa così più resistente, grazie all’utilizzo del cemento armato.
BIBLIOGRAFIA
Giovannardi F., Arturo Danusso e l’onere delle prove, 2009.
Liverani M., Il ponte di Calvene sull’Astico (1907, A. Danusso). Architettura e costruzione. Tesi di laurea magistrale di Ingegneria e Tecniche del costruire, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Anno Accademico 2010/2011.
Il ponte di Calvene sull’Astico, che unisce il paese alle contrade meridionali di Pralunghi, Chiossi e Magan, fu per molti anni il ponte ad arco più ribassato mai costruito e al tempo della sua costruzione, avvenuta tra il 1907 e il 1908, rappresentava una tra le migliori strutture ideate e mai realizzate in cemento armato, spiccando per la sua struttura snella e leggera, unica nel campo dell’ingegneria strutturale. Purtroppo non valorizzato come dovuto (nei suoi pressi infatti sarebbe interessante la posa di un pannello informativo) rappresentò al tempo della sua costruzione un’opera di incredibile arditezza: fu costruito in cemento armato, sostituendo così il precedente ponte ligneo distrutto dalla piena dell’Astico nel maggio del 1905, quando ancora l’uso del materiale non era regolamentato da precise normative, non erano nemmeno previsti criteri di verifica e ci si affidava alla garanzia fornita dai brevetti e alla professionalità dei progettisti.
Vengono qui ricostruite brevemente le vicende storiche più significative relative alla costruzione del ponte sull’Astico: utile e fondamentale è stata la tesi “Il ponte di Calvene sull’Astico (1907, A. Danusso). Architettura e Costruzione” dell’Ing. Marco Liverani – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Facoltà di Ingegneria, Laurea Magistrale in Ingegneria e Tecniche del costruire, A.A. 2010/2011, gentilmente prestatami dal geometra Giovanni Pozzan, per 25 anni Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Calvene, il quale fornì personalmente al laureando copia della documentazione presente negli archivi comunali.
A Calvene, nel maggio 1905 le continue piogge provocarono un ingrossamento del torrente Astico, che danneggiò irrimediabilmente il ponte ligneo che collegava le contrade a sud-ovest con il resto del paese: Pralunghi, Chiossi e Magan. Fu allora necessario per l’Amministrazione Comunale, guidata dal Sindaco Sig. Pietro Brazzale, occuparsi del problema e decidere per la costruzione di un nuovo ponte. Molti furono i problemi che si presentarono: come ricostruire il ponte sull’Astico? Sempre in legno, e quindi un giorno probabilmente il problema di un eventuale suo danneggiamento da parte delle piene dell’Astico si sarebbe ripresentato, oppure in altro materiale, più resistente come il cemento armato che in quegli anni iniziava ad essere più frequentemente impiegato anche in Italia? Come affrontare l’ingente spesa e come reperire le risorse necessarie? E ancora, a chi affidarsi per la progettazione e l’esecuzione dell’opera?
L’Amministrazione non aveva particolari pretese circa la ricostruzione dell’opera, se non rispettare le quote già esistenti e possibilmente sfruttare le “spalle” non danneggiate dalla piena del maggio 1905, per poter così ridurre i costi complessivi. Inoltre la scelta del materiale ricadde sul cemento armato, che tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, conobbe grande impiego in Europa grazie al sistema Hennebique[1]. Per la progettazione del nuovo ponte l’Amministrazione di Calvene si affidò allo studio tecnico dell’ingegnere civile Quirino Dalla Valle di Thiene, poi divenuto Studio Tecnico Ingegneri Quirino Dalla Valle e Adelchi Zuccato. Lo studio però non si presentava ancora “pronto” per poter progettare un ponte in cemento armato, in quanto non possedeva ancora il brevetto per l’utilizzo del materiale. Così il 6 agosto 1905, l’ingegnere Zuccato inviò una raccomandata allo Società Porcheddu di Torino[2] (la raccomandata originale è conservata presso l’archivio stesso della Società, depositato presso il Dipartimento di Ingegneria Strutturale, Edile e Geotecnica – DISEG del Politecnico di Torino).
“Desiderando un Comune del Circondario avere dei dati sul costo e sulle condizioni di pagamento per un ponte in cemento armato […]” l’ingegnere Adelchi Zuccato continua fornendo i dati su come dovrà essere costruito il ponte, larghezza, altezza e numero di “luci”, ovvero pilastri di sostegno, precisando che con la suddetta raccomandata il Comune di Calvene non intendeva assumersi verso la Ditta torinese nessun obbligo di tipo contrattuale. Iniziano così i rapporti tra la Società Porcheddu di Torino e lo studio Thienese, in rappresentanza del Comune di Calvene, per la definizione in primis del progetto del nuovo ponte da costruire sul torrente Astico, ma anche dell’esecuzione dei lavori di verifica, che porteranno poi alla costruzione del ponte ad un’arcata in cemento armato sul torrente Astico, ancora oggi presente, recentemente ristrutturato e consolidato[3], e rappresentante un’opera pubblica unica in tutto l’Alto Vicentino. Cospicuo fu anche lo scambio epistolare tra Comune e Società Porcheddu, per concordare modi e tempi di pagamento. Dagli scambi epistolari si può stabilire come, almeno in principio, lo studio thienese Dalla Valle propose la tipologia e la struttura architettonica del ponte, chiedendo alla Società Porcheddu solamente la redazione di un progetto tecnico e strutturale su un impianto architettonico in pratica già stabilito, ma destinato a subire notevoli modifiche: da un’iniziale proposta di un ponte a più campate si giunse alla progettazione di un ponte ad unica campata ad arco fortemente ribassato. In seguito ad un sopralluogo avvenuto tra l’agosto e il settembre del 1906, l’ingegnere Arturo Danusso della Società Porcheddu elaborò il progetto per il nuovo ponte sul torrente Astico, in cemento armato e ad una sola arcata di 32.50m. Con lettera del 17 settembre 1906 l’ingegnere Arturo Danusso specificò che il costo dell’arcata fosse di lire 8000, il costo invece per il rinforzo delle “spalle” già esistenti di lire 5500, e precisò inoltre che il prezzo era riferito solo ed esclusivamente alle opere in cemento armato, non alle opere provvisionali di organizzazione e di sistemazione del sito, compito esclusivo del Comune di Calvene. Iniziò un vero e proprio iter per la contrattazione del prezzo totale della spesa prevista per la costruzione del nuovo ponte: da una parte il Comune di Calvene, di cui lo studio thienese si fece portavoce, cercava di abbassare i costi complessivi e si adoperava per richiedere allo Stato “il sussidio governativo, in base alla legge 13 Luglio 1905, n. 400[4]”, dall’altra la Società Porcheddu che proponeva di arrotondare la cifra a lire 13000.
La situazione mutò ancora in seguito a nuove vicende: le piene autunnali del 1906 causarono danni irreparabili anche a una delle due spalle “sopravvissuta” alla precedente alluvione del 1905. Questo comportò un’ulteriore modifica del progetto e inevitabilmente un altro rialzo del prezzo da parte della Società torinese e continue trattazioni economiche tra l’Amministrazione Comunale e la Società stessa. Infine, con lettera datata al 30 luglio 1907, il Comune di Calvene accettò la proposta della Società Porcheddu ovvero uno sconto del 2% sul totale, a patto che il Comune stesso si impegnasse ad effettuare i pagamenti con estrema puntualità (per un totale dunque di lire 13720).
Iniziarono così i lavori per la costruzione del nuovo ponte in cemento armato ad arco ribassato, non senza problemi dovuti alle frequenti piogge dell’autunno 1907. Il 23 maggio 1908 furono effettuate le prove di carico statiche e dinamiche che diedero ottimi risultati. Le prove avvennero alla presenza del progettista del ponte stesso, l’ingegnere Arturo Danusso che in lettera datata 23 maggio 1908 scrisse: “L’arcata presentò una perfetta elasticità […]. Quanto al pagamento, che io mi presentai in Comune a sollecitare, mi disse il Sindaco che è già avvisato per uno di questi giorni la visita del Genio Civile per riconoscere l’esistenza dell’opera e accordare il sussidio governativo[5] (che tardava ad arrivare).” Furono utilizzati due carri da 30 quintali a un asse, ma per precauzione si fece passare un solo carro vuoto all’inizio. La prova di collaudo fu ampiamente soddisfacente e mise in risalto non solo la stabilità della struttura ma anche la sua grande e perfetta elasticità.
Domenica 25 ottobre 1908 si tenne la cerimonia di inaugurazione del nuovo ponte, presenziata dall’Onorevole Commendatore Attilio Brunialti: per l’occasione l’Amministrazione Comunale volle invitare l’ingegnere Porcheddu o un suo illustre rappresentante. Giunse da Torino la notizia secondo la quale “Non rispondemmo subito alla Sua lettera sperando di poter aderire all’invito e di intervenire alla simpatica riunione, che presenta per noi uno speciale interesse. Cosicché è con vero rincrescimento che dobbiamo oggi comunicare alla S. V. l’impossibilità di compiere la gita a Calvene nel giorno indicato, come avremmo vivamente desiderato; rincrescimento tanto maggiore in quanto ci tocca rinunziare al piacere di ascoltare l’eloquente parola dell’On. Brunialti. Scriviamo però a al n/ Rappresentante per codesta Provincia sig. Ing. Priuli-Bon, affinché, potendo, voglia procurarsi il piacere di assistere all’inaugurazione, del che potrà dare avviso direttamente alla S.V.”.
Il ponte sull’Astico di Calvene fu prototipo per il ponte del Risorgimento (1911) sul Tevere a Roma, di cui avremo modo di parlare nel prossimo articolo con l’approfondimento su Arturo Danusso, progettista del “nostro” ponte.
[1] Il sistema prende il nome dal suo inventore: François Hennebique (Neuville-Saint-Vaast, 26 aprile 1842 – Parigi, 7 marzo 1921) che fu inizialmente riconosciuto come l’inventore del calcestruzzo armato, sistema edilizio che brevettò nel 1892.
[2] Giovanni Antonio Porcheddu (Ittiri, 26 giugno 1860 – Torino, 17 ottobre 1937), ingegnere italiano che introdusse in Italia la tecnica delle costruzioni in cemento armato. Fu il primo ad intuire la validità del Systéme Hennebique (cioè il conglomerato cementizio armato internamente con profilati di ferro disposti e rafforzati con apposite staffe), del quale ottenne già nel 1892 il brevetto per il suo utilizzo, primo in Italia.
[3] Dopo oltre novant’anni d’utilizzo il ponte presentava segni di logoramento, causati sicuramente dagli agenti atmosferici ma anche e sicuramente dall’incremento delle sollecitazioni superiori a cui è sottoposto ogni giorno. Fu quindi necessario un intervento di ristrutturazione e di consolidamento statico: i lavori iniziarono il 12 luglio 2004 e terminarono il 15 novembre 2004. Si intervenne su più punti: immediato intervento manutentivo sulle strutture, recupero e salvaguardia degli elementi costruttivi; aumento della portata dei carichi in transito da 5,00 t. a 45,00 t.; adeguamento della viabilità veicolare e pedonale e superamento delle barriere architettoniche; rispetto della tradizione popolare del paese stesso mediante valorizzazione dell’antico ponte.
[4] Lettera dello Studio Dalla Valle alla Società Porcheddu del 9 ottobre 1906. Le legge a cui fa riferimento l’Ingegnere Zuccato nella medesima lettera si riferisce ai provvedimenti “a sollievo dei danneggiati dalle alluvioni del primo semestre 1905…” (https://www.gazzettaufficiale.it/).
[5] In base alla Legge 13 Luglio 1905 n. 400 il Comune di Calvene ottenne come sussidio governativo per la ricostruzione del ponte sull’Astico lire 8250,00.
Fig. 1 Primo progetto architettonico per il ponte sull’Astico a Calvene, con quattro campate. Progetto inviato dalla Società Porcheddu nel settembre 1905 allo studio thienese Dalla Valle-Zuccato (da LIVERANI 2010/2011)Fig. 2 Ulteriore progetto architettonico per il ponte sull’Astico a Calvene, con due campate. Progetto inviato dalla Società Porcheddu nell’ottobre 1905 allo studio thienese Dalla Valle-Zuccato (da LIVERANI 2010/2011)Fig. 3 Progetto definitivo per il ponte sull’Astico di Calvene inviato con lettera del 29 maggio 1907 dalla Società Porcheddu agli ingegneri Quirino Dalla Valle e Adelchi Zuccato (da LIVERANI 2010/2011)Il Ponte prima della ristrutturazione dell’estate 2004Piena dell’Astico durante i lavori di ristrutturazione e consolidamento statico (estate 2004)Il Ponte dopo l’intervento di ristrutturazione e consolidamento