Sito Ufficiale del Gruppo Consiliare "Vivere Calvene" (Giugno 2019 - Maggio 2024)

Categoria: Cultura Scuola Associazioni

Il suono della Natura, i Ricordi, l’Avventura

Di Gianni Balzan

In quest’ultimo periodo, complice il bel tempo e l’acquisto di una bicicletta elettrica, ho avuto modo di frequentare spesso la nostra montagna e di assaporarne la bellezza e la pace.

Ci sono andato nei giorni feriali, lontano dai periodi in cui la maggior parte  delle persone sono libere da impegni lavorativi, così da sperimentare lunghi momenti di riflessione in solitudine. La fantastica armonia della natura con il canto a più voci della fauna montana accompagnato dal suono del vento che, incuneandosi tra le fronde degli abeti e dei faggi, alimentava l’organo del bosco, è stata un sottofondo musicale che ha fatto riaffiorare in me ricordi di qualche decennio fa quando una meravigliosa avventura, alla quale ho avuto l’onore di partecipare, ha avuto il suo inizio.

Qualche decennio fa. E sì, era il 1985 e  sembra ieri, stiamo invece parlando della preistoria tecnologica e sociale, quando internet era una rete solo militare, l’iphone, antesignano dello smartphone, non era ancora entrato nei sogni di Steve Jobs, in Italia esistevano ancora degli Statisti con la “S” maiuscola e la gente si incontrava e si parlava vis-a-vis.

Ebbene in questo momento storico nacque l’idea di prendere uno stabile in montagna che stava mostrando i segni di degrado e di semi-abbandono, e di trasformarlo in un luogo di incontro, di svago, di crescita e di socialità per la nostra gente: Malga Cima Fonte

C’erano esperienze di successo su analoghe idee sviluppate sempre in quel periodo nei paesi confinanti di Lugo e Caltrano, per cui l’idea non era un vero e proprio salto nel buio, una cosa campata per aria, ma una realtà possibile, chiara, tracciata da un sentiero definito che avrebbe portato alla realizzazione dello scopo finale.

In quegli anni lo stabile non era più una Malga operante da tempo. La parte del suo territorio adibita a pascolo era stata assegnata a Malga Busa Fonte e l’edificio era stato dato in gestione ai frati cappuccini di Thiene che vi organizzavano dei centri estivi per i frati e ragazzi del loro patronato. L’intorno era tutto un groviglio di pericoli dovuti alle vecchie cave di marmo dismesse e mai bonificate.

Effettivamente il panorama che si presentava all’ignaro viandante non era certo dei migliori. Molti avrebbero desistito. Eppure una mente aperta e proiettata al futuro riusciva a scovare e immaginare l’enorme potenziale che si nascondeva sotto quei sassi.

Fortunatamente questa visione era una parte integrale nel DNA degli Amministratori Comunali dell’epoca, Amministratori che decisero, rischiarono e trasformarono l’idea da qualcosa di etereo a qualcosa di reale e tangibile.

Fu così che proprio in quell’anno non venne più rinnovata la convenzione con i frati cappuccini di Thiene e si decise di affrontare la ristrutturazione dello stabile e la sistemazione del territorio intorno, con conseguente messa in sicurezza di tutta l’area.

Una volta assegnato all’ing. Thiella il compito di progettare la ristrutturazione dell’edificio si poneva il problema di realizzare le opere con i pochi soldi disponibili.

In quel periodo in paese si sentiva anche l’esigenza e la volontà da parte di tante persone di partecipare in  maniera attiva alla vita sociale del paese. Le legava un clima, uno spirito di collaborazione, di appartenenza e un entusiasmo che si respirava nell’aria. Bisognava convogliare e raggruppare tutte queste energie positive in un’Associazione che avrebbe potuto dare al paese un prezioso valore aggiunto: la Pro Loco.

Se ne parlava già da tempo. Questa è stata l’occasione, la scintilla che ha dato il via alla nascita di questa Associazione, formalizzata solamente l’anno successivo, il 1986.

Ecco allora che si intravide una strada, una via d’uscita per mettere a terra il sogno: Ristrutturare la malga con personale volontario mettendo a frutto le abilità dei tanti professionisti presenti in paese che avevano dato la loro disponibilità sotto la guida e l’organizzazione della neonata Pro Loco.

Si ottenevano così due risultati positivi: il primo era economico perché il comune contribuiva solo con i costi dei materiali (circa 1/3 dell’intero costo di ristrutturazione); il secondo, e a mio avviso molto più importante, era sociale. Ogni volontario si sarebbe sentito una parte importante all’interno del sistema, un protagonista che guardava con passione e soddisfazione al futuro e che un giorno avrebbe potuto dire a figli e nipoti entusiasti al ritorno da un soggiorno in Malga: anch’io ho contribuito.

Certo non erano tutte giuggiole e il clima in paese non era così idilliaco. Storicamente il nostro paese è sempre stato uno “frizzante spaccato in due”. C’è sempre stato il Pro e il Contro, certe volte anche espresso con toni accesi e discussione da bar, altre con volantini  e manifesti più o meno anonimi.  Allo stesso modo  sulla destinazione di Malga Cima Fonte c’erano idee contrastanti in paese. L’Amministrazione Comunale propendeva per una destinazione formativo-ricreativa, altri volevano ripristinarne l’originale funzione di Malga con tanto di stalla e casaro. Visioni diverse, entrambi legittime.

Ho avuto l’Onore di guidare l’Associazione Pro Loco nei primi anni della sua nascita e di vivere in prima persona tutte le vicende legate all’”avventura Malga Cima Fonte”. Come Associazione abbiamo sempre creduto nella bontà della proposta fatta dall’Amministrazione Comunale ed abbiamo sempre cercato di coinvolgere il maggior numero di persone, schierate o meno, senza entrare nell’arena della polemica politica guardando principalmente al bene superiore. Questo ha fatto sì che un gran numero di volontari ci desse fiducia  e partecipasse con entusiasmo ad un’avventura durata la bellezza di 4 anni .

Eh sì, dalla primavera del 1986 all’estate 1990, tutti i fine settimana di primavera, estate  e autunno in Malga Cima Fonte c’era sempre un cantiere aperto con un continuo via vai di gente.

Ormai le nostre automobili conoscevano il percorso a memoria, buche e avvallamenti compresi.

Generalmente si saliva il venerdì o il sabato, si dormiva in Malga e si tornava la domenica sera. D’estate ci si andava anche nei giorni feriali quando avevamo la disponibilità di qualche professionista che aveva la giornata libera.

Il Comune ci aveva messo a disposizione anche un furgone a 9 posti (il mitico volkswagen arancione che beveva più di una spugna alcolizzata) con il quale portavamo sul posto i volontari che non avevano il mezzo proprio.

In più di un’occasione abbiamo portato anche studenti che aspettavamo il sabato pomeriggio al ritorno dalla scuola e portavamo su per fare dei piccoli lavori.

Il ricordo di queste giornate però non è legato solo al lavoro più o meno duro. Quello che più mi è rimasto nella memoria sono i momenti di condivisione. Io ero un giovane Presidente di Pro Loco di 23 anni da poco entrato nel mondo del lavoro, che nulla sapeva di lavori edili. Qui ho avuto modo di conoscere la vera gente di paese, le persone che ne erano la struttura portante e consolidare amicizie che tuttora sono importanti realtà nella mia vita.  Persone eccezionali e generose, sempre positive e pronte a offrire un suggerimento e una soluzione ai problemi, persone gioiose che, alla fine del lavoro,  non si tiravano mai indietro nelle occasioni di convivialità.

In più di un’occasione il lavoro domenicale terminava con il pranzo e poi con una festa di canti e balli. C’era chi tornava alle famiglie un po’ brillo o un po’ troppo abbronzato, tanto che nelle consorti rimaste a casa nasceva il sospetto che non si fosse andati in montagna per lavorare…

Pur elogiando il lavoro, la passione e l’impegno di tutti i volontari, permettetemi qui di rivolgere un pensiero riconoscente al capo indiscusso di questa meravigliosa compagnia, che ci ha lasciato ormai da parecchio tempo, ma la cui generosità, professionalità, passione, forza di volontà e coinvolgimento rimangono indelebili nella mia memoria: Italo.

Italo è stato un grande. Coinvolgeva e trascinava e si consigliava con tutti. Portava le persone avanti e indietro con il suo Pajero e fino a quando non era soddisfatto non mollava mai l’osso. Ricordo solo che ha fatto riposizionare i travi del tetto della cucina per ben 3 volte, solo perché non erano perfetti come lui voleva che fossero. E’ stato un esempio non  solo per me ma anche per i molti che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e lavorarci assieme. E come Italo molti altri protagonisti di quest’avventura, qui non citati per esigenze di spazio, sono stati esempi illuminanti nel mio cammino di vita.

Fatto questo doveroso inciso devo anche dire che quattro anni di ristrutturazione non sono stati una passeggiata. Nei primi anni l’entusiasmo e la volontà erano alle stelle, poi via via il tempo, nel suo incedere, ha eroso una parte sempre maggiore di quest’entusiasmo tanto che alla fine siamo arrivati tutti molto stanchi. Però con tanta forza di volontà e un bel colpo di reni siamo arrivati a Domenica 8 luglio 1990, giorno della festa di inaugurazione.

E’ stata una bellissima giornata, anche dal punto di vista meteorologico, con un sole che splendeva nel cielo e nessuna nuvola a filtrarne la forza, tanto che il giorno successivo c’era la fila nell’ambulatorio del dot. Cavaliere di persone che avevano “ecceduto” all’esposizione solare…

E’ stato il giorno in cui i Pro e i Contro, assieme, hanno dato il via ad una nuova fase di Malga Cima Fonte: la sua gestione. Già dal giorno successivo la parrocchia aveva organizzato la partenza dei  primi campi scuola.  Campi scuola che sarebbero diventati una preziosa realtà per la formazione dei nostri giovani negli anni a venire.

E poi da qui una nuova avventura ha avuto inizio. Ma questa è un’altra storia.

Ora girando nel silenzio delle nostre montagne ho avuto modo di passare più di una volta davanti la Malga. L’ho sempre trovata desolatamente chiusa. Mi si stringe il cuore ogni volta che la vedo così e ripenso alla forza, al coraggio di affrontare il rischio e alla dedizione di tante persone che hanno creduto ad un sogno. Sapevamo per certo che non sarebbe durato in eterno, ma non pensavamo neanche che potesse essere così breve.

1985 Prima della ristrutturazione
1986 inizio lavori di ristrutturazione
8 luglio 1990 Inaugurazione

Escursione a Pasquetta 1988
Malga Cima Fonte per tanti anni luogo di formazione dei nostri giovani

Dedicato a Mario Rigoni Stern nel centenario della nascita

di Roberta Binotto

“Lasciata la piccola casa del Prà del Giglio dove aveva trovato rifugio con i suoi in quel maggio del 1916, camminava per la nuova strada militare che risaliva a tornanti le pendici dell’Altipiano. Andava con passo lesto, sorpassando reparti di soldati euforici che intasavano la via, incrociava camion 18B.L. e XVter che scendevano strombazzando dalle retrovie, autoambulanze e carriaggi, ma in tutto e in tutti c’era uno spirito di pace che si manifestava luminoso come una mattina d’aprile anche se le nebbie si aggruppavano sui fianchi dei monti”.

Inizia così una delle prime pagine dell’Anno della Vittoria che noi Calvenesi abbiamo sempre sentito un po’ nostro perché ambientato a Prà del Giglio dove la famiglia del giovane Matteo trova rifugio durante gli anni del conflitto.

Ricordo bene da bambina quando assistetti alla presentazione di questo libro presso la vecchia biblioteca di Calvene. Alla domanda del perché avesse scelto di ambientare la prima parte del libro proprio a Prà del Giglio, Rigoni Stern rispondeva candidamente che raramente egli aveva sentito un nome così bello e poetico come Prà del Giglio.

Immagino che puntando l’occhio su un punto piccolo piccolo della mappa dell’altipiano di Asiago (come soleva chiamarlo lui, Altipiano e non altopiano) in mezzo a una linea tutta curve che indicava l’impervietà della strada, la lettura di un nome come “Prà del Giglio” l’aveva d’un tratto illuminato. E sì perché forse noi Calvenesi a volte dimentichiamo di quanto le nostre contrade più antiche e fuori mano esercitino un fascino ammaliatore a chi le scopre per la prima volta. Lo stesso Rigoni Stern non è certo rimasto indifferente a questo fascino e ha voluto descrivere la strada che da Prà del Giglio porta in Altopiano. Si tratta di una vecchia mulattiera chiamata Sojo dea Cavala che si arrampica su per il Costo Magro. Terra bella ma difficile, il nome lo dice chiaramente.

Anche nel libro Le stagioni di Giacomo viene citato il Prà del Giglio. “Una sera di fine maggio Irene disse a Giacomo del suo desiderio di andare ai piedi delle montagne dove la sua famiglia era stata profuga nel Sedici. Abitavano in una casetta dentro un prato tutto circondato da ciliegi selvatici, ontani e betulle: il Prà del Giglio, era chiamato. […] Di questo posto avevano parlato suo fratello e suo nonno prima che morisse: – Vorrei proprio vederlo. Che ne diresti di andarci noi due? […] La strada migliore era quella per il costo fino a Caltrano; poi da Caltrano bisognava raggiungere Calvene e lì chiedere del Prà del Giglio. La strada più breve passava per la Barental, Granezza, Malga Mazze e Monte di Calvene. […] A Monte chiesero la strada, e poi ancora ai Capozzi e al Maso; arrivarono infine, dopo aver passato il valloncello…”

Rigoni Stern è uno di noi perché come noi ama il posto in cui viviamo e ne apprezza la semplicità. Conosce le leggi della natura, ne descrive con dovizia di particolari i cambiamenti e le sue inesorabili leggi. Memorabile quando in Uomini, boschi ed api scrive: “Vorrei che tutti potessero ascoltare il canto delle coturnici al sorgere del sole, vedere i caprioli sui pascoli in primavera, i larici arrossati dall’autunno sui cigli delle rocce, il guizzare dei pesci tra le acque chiare dei torrenti e le api raccogliere il nettare dei ciliegi in fiore”.

Con la sua scrittura semplice e profonda, ha definito i contorni della nostra identità locale e ci ha fatto provare il senso di appartenenza alla comunità e alla sua storia e un sentimento di rispetto per la natura e per le persone descritte nei suoi libri. Egli ha saputo narrare delle stagioni, del bosco e della vita di montagna in modo estremamente umile, con l’obiettivo, come diceva spesso, di “fare compagnia alla gente”. In lui si sente la saggezza del montanaro, dell’uomo comune che comunica messaggi di valore universale con incredibile semplicità, per essere alla portata di tutti. Penso alla dignità del lavoro fatto bene, qualunque lavoro sia. Diceva una cosa sola ai ragazzi nelle scuole: “leggete, lavorate, camminate e andate per le montagne. Una volta che avete letto un mio libro, sarei felice di sapere che siete andati a camminare in quel luogo e avete provato i miei stessi sentimenti” vedendo i primi crochi spuntare dalla neve e sentendo il canto del cuculo ai primi di aprile.

“Sarebbe bello che un giorno, leggendo un mio racconto – ha lasciato scritto Rigoni Stern – qualcuno potesse individuare il luogo e provare i miei stessi sentimenti e le mie stesse sensazioni”.

Queste parole sembrano prese alla lettera dall’Associazione Cammini Veneti che ha lanciato l’idea di un percorso che tocchi i luoghi letterari citati da Rigoni Stern nelle sue opere, da Vicenza ad Asiago, per chi frequenta l’Altopiano e per coloro che amano le opere di Stern e ne apprezzano l’insegnamento e cercano ancora quassù le sue tracce, l’aria pulita che ha respirato, i saperi che ha tramandato e i sentimenti che ha condiviso.

Cammini Veneti mira a creare dei percorsi che per l’appunto abbiano una forte matrice culturale e che colleghino luoghi significativi nella vita di personaggi decisivi per la nostra cultura e particolarmente attenti all’ambiente e al paesaggio. Cammini Veneti ritiene che il riappropriarsi delle proprie radici consenta di acquisire un maggior equilibrio, quando ci si allontana dal proprio microcosmo quotidiano, per scoprire l’altrove.

Quest’anno ricorre il centenario della nascita di Stern (Asiago, 1° novembre 1921) e quale modo migliore di ricordarlo e celebrarlo se non tramite un cammino a lui dedicato.

Il “Cammino Rigoni Stern” prevede il passaggio anche per Calvene, come da mappa:

è in corso la posa della segnaletica, con targhe/direzione e segnali con colori bianco/rosso che indicano la via da seguire.

Sarebbe interessante se il Cammino potesse diventare una opportunità per Calvene; una opportunità di valorizzazione ambientale e valorizzazione del patrimonio artistico.

Un suggerimento che vorremmo proporre all’Associazione Cammini Veneti che cura la Guida del Cammino:

giunti al Ponte di ingresso al paese di Calvene, fate una breve deviazione a destra, di soli 500 mt e salite al paese, avrete l’opportunità di:

  • visitare la bella Chiesa Arcipretale del 1852 che conserva all’interno opere dell’antica Pieve risalenti al XII e XV sec.
  • visitare il Capitello di San Rocco (detto anche “della Peste” del 1575)
  • trovare ristoro e approvvigionamento

per poi riprendere il percorso originale in direzione contrada Maglio (del 1500) e giungere al Ponte sul Torrente Astico (gioiello ingegneristico della Pedemontana Vicentina del 1907/8)”.

L’essere inseriti nel “Cammino Rigoni Stern” potrebbe consentire, in prospettiva, piccole forme di sviluppo dell’economia locale, come avviene in tanti luoghi d’Italia; entrare a far parte del sistema di “ospitalità diffusa e valorizzazione dei piccoli centri della Pedemontana”.

Alcune foto, con Mario Rigoni Stern tra i ragazzi di Scuola, in occasione dell’inaugurazione del Giardino Alpino nel maggio del 2006.

“Nell’ambito del Sentiero storico-naturalistico del Monte Corno (m. 1383), subito a nord del Rifugio, è stato creato un giardino botanico alpino che ospita, in diversi ambienti montani quali rupi calcaree, faggete, peccete, ghiaioni, pascoli e pozze, oltre 350 specie vegetali appartenenti alla flora subalpina, fra cui una vasta gamma di felci e piante officinali. È proprio da qui che si affacciano nella pianura Giacomo e Irene, nel libro Le stagioni di Giacomo, nella loro visita ai luoghi del periodo in cui erano profughi”.

Alcune opere per approfondire il rapporto di Mario Rigoni Stern con la natura:

Il bosco degli urogalli, Einaudi, 1962

Uomini, boschi e api, Einaudi, 1980

Amore di Confine, Einaudi, 1986

Arboreto selvatico, Einaudi, 1991

Le stagioni di Giacomo, Einaudi, 1995

Sentieri sotto la neve, Einaudi, 1998

Inverni lontani, Einaudi, 1999

Aspettando l’alba e altri racconti, Einaudi, 2004

Stagioni, Einaudi, 2006

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