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Giornata della Memoria – 27 gennaio 2023

Di Sofia Cappozzo

Il 27 gennaio si celebra la “Giornata della Memoria” dedicata alla commemorazione delle vittime dell’Olocausto e di coloro che hanno messo a rischio la propria vita per proteggere gli ebrei dalle persecuzioni naziste.
Non solo ebrei “passarono per il camino e adesso sono nel vento”[1] anche zingari, testimoni di Geova, oppositori politici, omosessuali, scrittori ed artisti considerati sovversivi, menomati fisici e mentali, polacchi e altri popoli slavi subirono le crudeltà del Regime.
Questa data venne scelta perché, proprio quel giorno, del 1945 le truppe sovietiche dell’Armata Rossa entrarono nel campo di sterminio di Auschwitz e videro per la prima volta l’orrore dei seguaci di Hitler.
Nella Giornata della Memoria abbiamo deciso quindi di proporre alcune frasi, tratte dai libri più significativi, per risvegliare le coscienze e non dimenticare perché “coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza”[2].

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa e andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
– Primo Levi – poesia Shemà


Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata.
Mai dimenticherò quel fumo.
Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto.
Mai dimenticherò quelle fiamme che consumarono per sempre la mia Fede.
Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere.
Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto.
Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai. 
– Elie Wiesel


Nascere per caso
nascere donna
nascere povera
nascere ebrea
è troppo
in una sola vita.

– Edith Bruck


“Tanto grande è il rischio di dimenticare, che occorrerebbe un anniversario di Auschwitz al giorno
– Elisa Springer


Le guerre negano la memoria dissuadendoci dall’indagare sulle loro radici, finché non si è spenta la voce di chi può raccontarle. Allora ritornano, con un altro nome e un altro volto, a distruggere quel poco che avevano risparmiato” 
– Carlos Ruiz Zafón


“La strage è avvenuta localmente in Germania e non in Italia, e questo ha concesso alla maggior parte degli italiani di trovarsi un alibi facile, cioè “queste cose le hanno fatte loro, non le abbiamo fatte noi”. Ma le abbiamo cominciate noi. Il nazismo in Germania è stata una metastasi di un tumore che era in Italia. È un tumore che ha condotto vicino alla morte la Germania e l’Europa, vicino al disastro completo.”
– Primo Levi


“Questi ricordi non sono semplici indumenti, qualcosa di cui ci si può spogliare e mettere nell’armadio. Sono incisi nella nostra pelle. Non possiamo liberarcene” 
– Trudi Birger


L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo.”
– Liliana Segre


“Sappilo, Dio: farò del mio meglio. Non mi sottrarrò a questa vita. Continuerò ad agire e a tentare di sviluppare tutti i doni che ho, se li ho. Non saboterò nulla. Di tanto in tanto, però, dammi un segno. E fa’ in modo che esca da me un po’ di musica, fa’ in modo che trovi una forma ciò che è in me, che lo desidera così tanto.
Etty Hillesum


Quanto sarebbero buoni gli uomini, se ogni sera prima di addormentarsi rievocassero gli avvenimenti della giornata e riflettessero a ciò che v’è stato di buono e di cattivo nella loro condotta.”
– Anna Frank


Perché la memoria del male non riesce a cambiare l’umanità? A che serve la memoria?
– Primo Levi

Con la speranza e l’augurio che leggendo queste testimonianze possiamo diventare tutti Ambasciatori di un ideale di libertà che riesca a fermare il male affinché la Memoria della Shoah non finisca per diventare solo un capitolo nei libri di storia.


… per non dimenticare…

Auschwitz


[1] Francesco Guccini “canzone del bambino nel vento”

[2] Liliana Segre – superstite dell’Olocausto

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25 novembre Giornata Internazionale contro la violenza sulle Donne

di Cinzia Sartori

Il 20 dicembre 1993 con la risoluzione 48/104 è stata adottata dall’Assemblea delle Nazioni Unite la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne.

Nel 1999 L’Onu proclama il 25 novembre Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne. La data scelta ricorda l’assassinio di tre giovani sorelle avvenuto il 25 novembre del 1960 nella Repubblica Dominicana. Le tre donne si erano opposte alla dittatura del presidente Trujillo e per questo furono torturate, massacrate a colpi di bastone e poi strangolate. Divennero quindi simbolo della dignità della donna e di impegno per la democrazia.

Con la risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999, l’ONU invitò tutti i governi a prendere iniziative con cui sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema della violenza alle donne, in ambito sia pubblico che domestico.

Oggi in tutto il mondo il 25 novembre è celebrato con l’arancione, tanto che si parla anche di Orange Day.

In Italia, il simbolo della lotta contro la violenza sulle donne sono le scarpe rosse, lasciate abbandonate su tante vie e piazze del nostro Paese per sensibilizzare l’opinione pubblica. L’artista messicana Elina Chauvet, nel 2009, attraverso una sua installazione, nominata appunto Zapatos Rojos, volle ricordare l’assassinio di sua sorella da parte del compagno.

Da allora sono diventate uno dei modi più popolari per denunciare gli abusi sulle donne e il femminicidio.

Dal 25 novembre iniziano i 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere. La campagna si conclude ogni anno il 10 dicembre in occasione della Giornata Internazionale dei Diritti Umani per sottolineare che la violenza di genere è una violazione dei Diritti Umani.

Molte le iniziative in Italia per sostenere le circa 50 mila donne che si rivolgono ai centri antiviolenza per riprendere in mano la propria vita, numerose le azioni per contrastare una cultura violenta, prevenire e sensibilizzare, in difesa dei diritti e della sicurezza delle donne.

8 marzo 2022 Giornata Internazionale della donna

Cinzia Sartori

Il tema della Giornata Internazionale della Donna di quest’anno è “Uguaglianza di genere oggi per un domani sostenibile”.

Le Nazioni Unite celebreranno la data con un atto virtuale e una tavola rotonda a cui parteciperanno le più alte cariche delle Nazioni Unite, la Presidente della Commissione delle Nazioni Unite sullo Status delle Donne, Geraldine Byrne Nason e la direttrice dell’Agenzia Onu per la promozione della parità di genere, Sima Sami Bahous, oltre che numerosi attivisti per l’uguaglianza di genere e il cambio climatico.

Il tema scelto vuole mettere in risalto e riconoscere il contributo delle donne, ragazze e bambine di tutto il mondo che stanno guidando gli sforzi per rispondere, mitigare ed adattarsi ai cambiamenti climatici.

La sfida continua di potenziare l’uguaglianza di genere è essenziale per permettere un’ampia partecipazione delle donne relativamente alla sostenibilità ambientale e alla riduzione dei rischi ambientali, questione che si ripercuote nello sviluppo economico e sociale.

Il tema scelto è poi in perfetta armonia con il tema della 66° sessione della Commissione sullo Status delle donne che avrà luogo dal 14 al 25 marzo 2022 e che si concentrerà sull’uguaglianza di genere nel contesto del cambiamento climatico, l’ambiente e la riduzione del rischio di disastri.

Già nell’autunno dello scorso anno, durante la  Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (COP26) a Glasgow, molti paesi hanno proposto di incorporare l’uguaglianza di genere in tutte le loro  azioni sul clima.

Il  Regno Unito ha definito il modo in cui 165 milioni di sterline di finanziamenti affronteranno la doppia sfida della disuguaglianza di genere e del cambiamento climatico; la Bolivia  si è impegnata a promuovere la leadership delle donne, attraverso il loro coinvolgimento in progetti di sviluppo sostenibile e la Germania ha annunciato una nuova strategia di genere nell’ambito della sua Iniziativa Internazionale sul Clima.

Il Centro di Ateneo «Elena Cornaro» per i saperi, le culture e le politiche di genere dell’Università di Padova ha svolto uno studio sull’obiettivo 5 della Agenda 2030 Onu sottolineando come il raggiungimento della parità di genere sia uno degli obiettivi più difficili da raggiungere ma che avrà effetto a cascata sul raggiungimento degli altri 17 obiettivi.

Le donne e le ragazze, secondo il rapporto di UN Women, hanno il 4% di probabilità in più rispetto agli uomini di vivere in estrema povertà, e un rischio del 10% più elevato di affrontare condizioni di insicurezza alimentare. Se il 70% delle persone che nel mondo vivono nell’indigenza, secondo le stime Onu, sono donne, appare chiaro come esse siano maggiormente colpite da eventi meteorologici estremi, da perdita di produttività agricola per il sostegno familiare e morte.

Inoltre in molti paesi in via di sviluppo, la combinazione di stereotipi di genere e alti costi scolastici porta  molte famiglie a decidere di far abbandonare la scuola a una ragazza su cinque tra i 13 e i 14 anni.

L’accesso alla formazione, all’istruzione, alla tecnologia, alle risorse finanziarie, al processo decisionale politico rimane limitato per le donne a causa di pregiudizi persistenti e  il problema non riguarda solo i paesi in via di sviluppo.

La nota metafora “soffitto di cristallo” viene usata per indicare le barriere sociali, culturali e psicologiche che impediscono a molte donne di raggiungere posizioni di vertice e responsabilità in ambito professionale.

Il settimanale d’informazione politica-economica in lingua inglese The Economist, l’8 marzo del 2013,  ha creato il “glass ceiling Inditex“ che è il nome di un indicatore che misura ( in 29 paesi) il grado di disuguaglianza  di genere attraverso i dati raccolti da organizzazioni quali la Commissione Europea, l’Organizzazione Internazionale per il Lavoro e l’Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico, in materia di istruzione, partecipazione alla forza lavoro, retribuzioni, diritto di maternità, costi per l’accudimento dei bambini e presenza in posti di lavoro a livello dirigenziale.

Anche l’’indice sulla parità di genere sviluppato dall’European Institute for Gender Equality (EIGE), un’agenzia dell’Unione Europea che si adopera per rendere l’uguaglianza di genere una realtà all’interno e all’esterno dell’UE, conferma che i progressi nell’UE avvengono molto lentamente. https://eige.europa.eu/gender-equality-index/2021

Il messaggio del Segretario Generale Antonio Guterres per la Giornata Internazionale delle donne e delle ragazze nella Scienza 2022 (celebratosi venerdì 11 febbraio) conferma questi dati:

“Oggi, solo un ricercatore scientifico e ingegneristico su tre al mondo è una donna.

Barriere strutturali e sociali impediscono alle donne e alle ragazze di entrare e progredire nel campo scientifico.  La pandemia da COVID-19 ha ulteriormente accresciuto le disuguaglianze di genere, dalla chiusura delle scuole all’aumento della violenza e ad un maggiore onere nell’assistenza domiciliare.Questa disuguaglianza sta privando il nostro mondo di enormi talenti e di innovazione. Abbiamo bisogno del punto di vista delle donne per garantire che la scienza e la tecnologia funzionino per tutti.

Possiamo – e dobbiamo – agire. Con politiche che riempiano le aule di ragazze che studiano tecnologia, fisica, ingegneria, matematica.

Con misure mirate per garantire alle donne opportunità di crescita e leadership presso laboratori, istituti di ricerca e università.

Con determinazione per porre fine alla discriminazione e agli stereotipi sulle donne nella scienza”.

Giornata Internazionale delle donne e ragazze nella scienza 2022.

A giugno 2021 è stata eletta Daniela Mapelli, (2021-2027) prima donna nella storia del BO e prima donna rettrice in 800 anni di storia dell’Ateneo patavino dove, per inciso, nel 1678 ottenne la laurea, prima donna al mondo, la nobile veneziana Elena Lucrezia Cornaro.

La rettrice in un’intervista al Corriere della Sera del 24 giugno 2021 afferma  che “è arrivato il momento per le donne di pretendere […] di proporsi in ogni ruolo di leadership…Donne e uomini devono avere le stesse possibilità in ogni campo. Per questo è necessario un cambiamento culturale. All’Università di Padova abbiamo messo in atto la premialità di genere: vengono premiati i dipartimenti che aumentano la presenza femminile. Continuiamo a sollecitare ricercatrici e docenti a mettersi in gioco per incarichi di responsabilità e vertice. E naturalmente incentiviamo il congedo di paternità…..Dobbiamo fare in modo che ci siano sempre più donne al vertice. E che ogni donna che arriva in un incarico di potere mantenga la propria personalità, senza cercare di adeguarsi a un modello di leadership maschile”.

Un passo in questa direzione è stato fatto dal Consiglio Regionale del Veneto che il giorno 8 febbraio 2022 ha approvato all’unanimità la proposta di legge “Disposizioni per la promozione della parità retributiva tra donne e uomini e il sostegno all’occupazione femminile stabile e di qualità”.

Concretamente si tratta di agevolazioni da corrispondere alle imprese inserite nella lista delle attività “virtuose” nei confronti delle donne:  tutte le  iniziative per conciliare tempi di vita e di lavoro vengono valutati positivamente, la  tutela della maternità così come se un’azienda assume donne vittime di violenza. Vengono assegnate maggiori sanzioni nel caso di molestie, di sfruttamento e di dimissioni “in bianco”. Verrà poi istituito uno «Sportello Donna» per agevolare l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro con l’obiettivo finale  di ridurre il distacco in busta paga tra uomini e donne, attualmente al 3,7% nel settore pubblico e addirittura 20,7% nel privato: una differenza dovuta anche ad una mancanza di condivisione dei compiti di cura e accudimento dei figli e da carriere bloccate da part-time involontario (cioè non richiesto dalla lavoratrice ma proposto come condizione contrattuale dal datore di lavoro).

Condividiamo https://www.yo#posso essere quello che voglio la campagna che UNICEF Italia rilancia per la promozione della parità di genere a tutti i livelli, un messaggio di speranza per tutte le donne.

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8 Marzo 2022

INSIEME CON TUTTE LE DONNE CHE SI OPPONGONO ALLA GUERRA E COSTRUISCONO UN FUTURO DI PACE

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27 gennaio “Giorno della Memoria”

Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.

Le leggi razziali, emanate dal regime fascista nel 1938, escludevano gli Ebrei dalle scuole, da molte professioni, dalla vita sociale. La deportazione e lo sterminio iniziarono dopo il settembre 1943, a seguito del crollo del regime fascista e dell’occupazione tedesca del centro-nord Italia.

Uno dei primi episodi fu il rastrellamento del ghetto di Roma, il 16 ottobre 1943, effettuato da truppe tedesche della Gestapo con la collaborazione di funzionari del regime fascista, nel corso del quale furono catturate oltre 1000 persone.

La Shoah italiana si collocò all’interno di un fenomeno di ben più vaste proporzioni, il genocidio di milioni di Ebrei e di tante altre persone vittime per motivi razziali, politici o religiosi.

A ricordo di questi tragici eventi, l’Italia ha istituito, con Legge n. 211 del 20 luglio 2000, il  “Giorno della Memoria”.

Legge 211/2000:

Art. 1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

Art. 2. In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non possano mai più accadere.

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Auschwitz, Dachau, Mauthausen, Treblinka, Bergen Belsen, campi di sterminio dove giungevano convogli carichi di persone che, dopo una selezione iniziale, che “salvava” temporaneamente coloro che erano in grado di lavorare, inviava gli altri verso la meta cui tutti i deportati erano infine destinati: la camera a gas.

Campi di concentramento e transito con destinazione Auschwitz

In Italia, i convogli destinati ad Auschwitz, partivano dai campi di transito di Bolzano, Montorio Veronese, Fossoli in provincia di Modena e dalla Risiera di San Sabba, a Trieste, che fu anche campo di concentramento.

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In visita ad Auschwitz – luglio 2016

Studenti Israeliani – Viaggi della Memoria nei lager

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Primo Levi: a commento del suo libro “Se questo è un uomo”

Nei mesi in cui questo libro è stato scritto, e cioè nel 1946, il nazismo e il fascismo sembravano veramente senza volto: sembravano ritornati al nulla, svaniti come un sogno mostruoso, giustamente e meritatamente, così come spariscono i fantasmi al canto del gallo. Come avrei potuto coltivare rancore, volere vendetta, contro una schiera di fantasmi ?

Non molti anni dopo, l’Europa e l’Italia si sono accorti che questa era una ingenua illusione: il fascismo era ben lontano dall’essere morto, era soltanto nascosto, incistato; stava facendo la sua muta, per ricomparire poi in una veste nuova, un po’ meno riconoscibile, un po’ più rispettabile, più adatta al nuovo mondo che era uscito dalla catastrofe della seconda guerra che il fascismo stesso aveva provocata.

Devo confessare che davanti a certi visi nuovi, a certe vecchie bugie, a certe figure in cerca di rispettabilità, a certe indulgenze, a certe connivenze, la tentazione dell’odio la provo, ed anche con una certa violenza: ma io non sono un fascista, io credo nella ragione e nella discussione come supremi strumenti di progresso, e perciò all’odio, antepongo la giustizia.

Per non dimenticare

25 novembre, Giornata contro la violenza sulle Donne

Ogni giorno, in Italia, ci sono 89 donne vittime di violenza di genere e nel 2021 sono stati 109 i femminicidi, il 40% di tutti gli omicidi commessi. Di questi, 93 sono avvenuti in ambito familiare-affettivo e, in particolare, 63 per mano del partner o dell’ex partner. Questi i dati allarmanti diffusi in occasione del 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Messaggio del Presidente della Repubblica in occasione del 25 novembre: “Per uscire da questa spirale è necessario educare: educare al rispetto, educare alla parità, educare all’idea che mai la forza può costituire uno strumento di dialogo”

“Già nelle famiglie si deve diffondere questa educazione e poi nelle scuole, fin dalla prima infanzia. È fondamentale che le donne che hanno subito violenza sentano intorno a loro un mondo che le accoglie e le protegge, per consentire loro di uscire dal silenzio e liberarsi da quel recinto dove è nata la violenza. Solo con una società pronta a sostenere le vittime sarà possibile sconfiggere la violenza contro le donne. Per questo è importante l’attività che ogni giorno portano avanti le istituzioni, le associazioni, le volontarie e i volontari, che tentano di costruire rifugi per curare e prevenire gli episodi di violenza”.

Conclude sottolineando l’importanza della prevenzione, che “richiede ascolto, interventi, reti di sostegno e in molti casi strumenti per offrire alle donne un’alternativa di vita libera. La dipendenza, spesso di carattere economico, in cui molte di esse si trovano è di ostacolo alla ricerca di protezione e alla stessa denuncia degli episodi violenti. Resta ancora molta strada da fare, ma occorre continuare ad operare, individualmente e con azioni collettive, perché eliminare la violenza sulle donne è un obiettivo essenziale per il nostro vivere in comune”.

 1522 – Numero Anti Violenza e Stalking

Gino Strada, un combattente per la Pace

Alcune testimonianze:

Gino Strada ha cercato le ragioni dell’umanità e della vita dove la guerra voleva imporre violenza e morte

Generoso nelle idee e forte nelle azioni, il nostro paese perde un grande medico e un grande uomo

Ha trascorso la sua vita sempre dalla parte degli ultimi nelle zone più difficile del mondo

Sono poche le persone al mondo che hanno dato così tanta concretezza alle proprie idee spendendosi in prima persona e facendo della propria vita una missione per aiutare gli altri

Ci sono vite splendide, vissute inseguendo i propri valori, le proprie convinzioni più profonde, sapendo costruire comunità e sapendo restare soli, quando serve. Vite consacrate all’imperativo morale di dire ciò in cui si crede, non ciò che conviene dire

Gino Strada nasce a Sesto San Giovanni, in provincia di Milano, il 21 aprile 1948.

Si laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università Statale di Milano e si specializza in Chirurgia d’Urgenza.

Per completare la formazione da medico-chirurgo, negli anni Ottanta vive per 4 anni negli Stati Uniti, dove si occupa di chirurgia dei trapianti di cuore e cuore-polmone presso le Università di Stanford e di Pittsburgh. Si sposta poi in Inghilterra e in Sud Africa, dove svolge periodi di formazione presso l’ospedale di Harefield e presso il Groote Schuur Hospital di Città del Capo.

Nel 1988 decide di applicare la sua esperienza in chirurgia di urgenza all’assistenza dei feriti di guerra. Negli anni successivi, fino al 1994, lavora con la Croce Rossa Internazionale di Ginevra in Pakistan, Etiopia, Tailandia, Afghanistan, Perù, Gibuti, Somalia, Bosnia

La nascita di EMERGENCY

Nel 1994, l’esperienza accumulata negli anni con la Croce Rossa spinge Gino Strada, insieme alla moglie Teresa Sarti e alcuni colleghi e amici, a fondare EMERGENCY, Associazione indipendente e neutrale nata per portare cure medico-chirurgiche di elevata qualità e gratuite alle vittime delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà.

Il primo progetto di EMERGENCY, che vede Gino Strada in prima linea, è in Ruanda durante il genocidio. Poi la Cambogia, Paese in cui resta per alcuni anni.

Nel 1998 parte per l’Afghanistan: raggiunge via terra il nord del Paese dove, l’anno dopo, EMERGENCY apre il primo progetto nel Paese, un Centro chirurgico per vittime di guerra.

Gino Strada rimane in Afghanistan per circa 7 anni, operando migliaia di vittime di guerra e di mine antiuomo e contribuendo all’apertura di altri progetti nel Paese.

Dal 2005 inizia a lavorare per l’apertura in Sudan del Centro di cardiochirurgia totalmente gratuito in Africa. Nel 2014 si reca in Sierra Leone, dove EMERGENCY è presente dal 2001, per l’emergenza Ebola.

“Quel che facciamo per loro, noi e altri, quel che possiamo fare con le nostre forze, è forse meno di una gocciolina nell’oceano. Ma resto dell’idea che è meglio che ci sia, quella gocciolina, perché se non ci fosse sarebbe peggio per tutti. Tutto qui. È un lavoro faticoso, quello del chirurgo di guerra. Ma è anche, per me, un grande onore.”

da “Pappagalli verdi, Diario di un chirurgo di guerra”

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Ricordiamo il 25 aprile Festa della Liberazione con una pagina della “Resistenza a Calvene”

In occasione del centenario della nascita di Meri Testolin

Commemorazione del Prof. Liverio Carollo

La targa che oggi viene scoperta in onore di Silvano Testolin e di Meri è stata posta nella loro casa natale soprattutto per iniziativa del Gruppo Silva che opera tra Mortisa, Calvene, e le aree circumvicine. Suo obiettivo: tenere vivi e trasmettere gli ideali della Resistenza. Il gruppo gestisce il Sentiero partigiano di Granezza, quello delle Pietre Spezzate alle Lore, gestisce l’interessante Museo della Resistenza di Mortisa (vi invito vivamente a visitarlo). Il Gruppo ha intenzione di curare quest’anno una pubblicazione su Silva nel centenario della nascita; in essa si propone anche un sentiero sui luoghi che videro la sua tragica fine.  Il gruppo Silva lavora anche con le scuole portando classi di alunni sui citati sentieri.  Un gruppo attivo insomma.

Silvano Testolin (Fifi), classe 1915, abitava qui ed apparteneva ad una famiglia antifascista di vecchia data. Durante il ventennio I suoi componenti dovettero perciò in buona parte emigrare. Ci fu una vera e propria diaspora. Erano in sette fratelli. Due dei tre fratelli più anziani andarono in Francia. Un altro, Egisto, fu in Albania dove morì. Da ricerche condotte dall’amico Francesco Brazzale so che è Medaglia di Bronzo al V. M. Anche Silvano fu a lungo all’estero, in Francia, poi in Africa a combattere con la Legione Straniera. Forse dovette prendere questa decisione per non essere consegnato dai francesi alle autorità fasciste. Ebbe dalla Francia una Coix de Guerre. Tornato in Italia, dopo l’8 settembre 1943, assieme alla sorella Meri, infaticabile staffetta, e al fratello più giovane, Gerolamo- Momi, fu il primo ad organizzare nuclei di Resistenza a Calvene. Uno dei primi poi a salire con Silva nel Bosconero. Fifi svolse cioè in Calvene il ruolo che a Fara fu di Arnaldi, che a Thiene fu di Chilesotti e Falco, a Zugliano di Fabris Alfredo, a Marano di Silva. Fu cioè punto di riferimento, guida per quei militari e quei giovani che non volevano servire in armi i fascisti e gli invasori tedeschi.

Tutti sappiamo come Silvano finì: in Granezza, durante una marcia di perlustrazione assieme a Falco (Testolin Fulvio), fu dilaniato da una granata che portava attaccata alla cintura. Lunga la sua odissea tra gli ospedali della pedemontana, tutti impauriti a ricevere un “bandito” così celebre e ricercato. Morì dissanguato all’ospedale di Thiene sotto falso nome. Da allora Silva chiamò “Silvano Testolin” il suo battaglione di montagna.

La sorella Meri, unica donna tra sei fratelli maschi, fu staffetta della Mazzini, prima con Fifi e poi con Silva.  Nelle lunghe distanze la ragazza si muoveva in treno, ma in zona usava la fedele bicicletta. Era a Vicenza, sui Berici, dove Chilesotti organizzava gli aviolanci degli Alleati. Portava messaggi, ordini, vestiario, armi a Novoledo, a Fara, in Rialto, dai Boschiero, dove agiva Arnaldi, a Marano, a Calvene e su in Granezza dopo che Silva con Falco, Fifi, Fabris e Talin aveva costituito il battaglione partigiano di montagna. Meri rischiò la vita nella primavera 1944. Militi della X Mas l’avevano presa e battuta senza pietà. Volevano conoscere i nascondigli di Fifi e del fratello Momi. Meri resistette tenacemente e i fratelli furono salvi. Solo l’intervento del parroco di allora (don Pietro Costa) salvò Meri dalla fucilazione in piazza a Calvene.

La targa che oggi abbiamo scoperto è dunque dedicata a Fifi, ma io dico anche a tutta la famiglia Testolin, anzi a tutte queste contrade alte di Calvene (Cioda, Campanela) che durante la Resistenza occultarono bunker – rifugio per i partigiani. Bunker strategici, perché resi sicuri da uscite verso la Chiavona o verso i campi e i versanti boscagliati che scendono dai Binoti e Pradelgiglio. Tra queste case occhi vigili di donne, di ragazze, di bambini perfino, erano sempre in all’erta a cogliere qualcosa di insolito, qualche avvisaglia di pericolo.

Perfino i due mulini di Calvene (el Mulineto, in basso, e quello de Pierela, in alto) svolsero un ruolo rilevante in quei due anni tragici di Resistenza.

Il Mulineto era il luogo di raccolta dei giovani della Pedemontana renitenti alla leva fascista. Nella primavera estate 1944 moltissimi cercavano rifugio su in Granezza da Silva. Solitamente giungevano da Thiene e dintorni, di notte, scavalcando le Bregonze, perché era un tragitto più defilato e sicuro. Per il sentiero della Pria Fosca e dei Ciossi o per quello dei Magan scendevano al Majo e al Mulineto. Qui sostavano e si rifocillavano e poi, guidati da accompagnatori, via verso Granezza. Andavano su per il Grumale, per la Val Porca, per contrà Monte, Meletta e il Vanzo.

Il Mulino di Pierela, nella parte più elevata del paese, era vicino all’imbocco dei sentieri per la montagna. Lì si macinava il mais per la polenta dei partigiani di Granezza. Mais che veniva dalla Pedemontana, dal Thienese. Solo della Brigata Mazzini, nell’estate 1944, di “ribelli” ce n’erano più di duecento. Tutti ragazzi dai 18 ai 23 – 24 anni, tutti affamati e da sfamare. Il Mulino de Pierela nel 1944 – 45 era gestito da due donne: donne coraggiose. I fascisti mica erano scemi, avevano capito che macinavano per i ribelli. Diffidate a farlo e controllate durante il giorno, si ingegnavano a macinare di notte. E poi la farina, ancora col buio, per il sentiero di Corona o per quello dei Cavrari e de’a Sima de Cudin, si avviava verso la montagna.

Abbiamo dunque bunker sorvegliati da donne, da vecchi, da ragazzi, abbiamo donne che quasi nell’oscurità si affannano di notte intorno alle macine, sfidando violenze, battiture, l’incendio della casa stessa… Tutto ciò dimostra che la Resistenza non fu una rivolta di soli militari o di renitenti alle armi, ma una rivolta più sentita, più profonda, di popolo.

Oggi abbiamo scoperto una targa. Non deve essere vista come una targa-ricordo, ma come testimonianza che anche qui c’è un presidio di resistenza democratica. Un avvertimento per dire che c’è gente che vigila, che sta sulla breccia. Perché il fascismo non è morto! Il fascismo non è una parentesi nella storia, una ubriacatura di passaggio che ha avuto un inizio e che ha avuto una fine. Il fascismo è una costante nella storia. E lo è perché è una costante dentro il nostro animo. Più o meno latente, in ognuno di noi c’è una componente di fascismo, un magma che nei momenti difficili, di crisi tende ad emergere.

Quante volte non proviamo insofferenza verso le discussioni lunghe della politica, viste spesso come rissose, inconcludenti e inutili per il bene comune.

Quante volte si sente dire che andrebbe bene un’autorità forte, capace di decisione, che saprebbe in poco tempo risolvere le situazioni con un colpo netto senza star lì a districare i nodi con la pazienza delle dita.

Quante volte osserviamo che la giustizia è lunga, non funziona e sentiamo dire che ci vogliono sentenze, esecuzioni esemplari.

 E’ indubbio che anche la politica ha le sue colpe. Però questa rabbia, sfiducia, rancore verso la politica non devono trasformarsi in chiusure, in atteggiamenti di indifferenza. Pensiamo che attualmente c’è una percentuale del trenta per cento e più che neanche va più a votare!

Ora tutto questo non è fascismo, ma è un humus che favorisce la sua crescita. Che è una crescita subdola, silenziosa come quella di certe malattie che le scopri quando sono già in uno stadio avanzato. Per questo bisogna restare vigili e reagire, dentro di noi soprattutto, alla sfiducia, al pessimismo, all’indifferenza

La targa afferma che Fifi e Meri hanno contribuito a costruire la pace di cui noi oggi godiamo. Ed è vero. E questa pace dobbiamo assolutamente mantenerla perché è il bene più grande che abbiamo dopo la libertà. E’ quella che in settanta anni ci ha permesso di vivere quieti, costruire benessere per noi e per i nostri figli.

Bisogna mantenerla. Tante sono le strade attraverso le quali si mantiene la pace, ma ne dico alcune perché sono quelle su cui più possiamo incidere e  che attualmente mi sembrano più pregnanti, vista la situazione che viviamo:

Pace significa umiltà e rispetto, riconoscere che i problemi, specie oggi con il mondo che si fa piccolo, sono complessi e che per affrontarli occorre l’aiuto di tutti. Allora ci vuol rispetto verso chi la pensa diversamente da te. Anche nell’avversario infatti c’è sempre un risvolto di verità. Quanto bambinesche sono quella affermazioni che oggi vanno per la maggiore: io sono nel giusto, tu invece ci porti alla catastrofe, io vedo lontano, tu sei bendato; il bianco tutto da me, il nero tutto da te. Non funziona così: occorre collaborare (pur nelle opinioni diverse) perché nei rapporti sociali, nella vita, nelle vicende umane non è mai tutto bianco o tutto nero, prevalgono di gran lunga le sfumature, i chiaroscuri.

  • Pace oggi, significa sforzarci ad unire l’Europa, perché Europa vuol dire unione di forze per affrontare problemi vastissimi, di dimensioni globali che un tempo non esistevano: ad esempio il clima e l’ambiente, le migrazioni, le pandemie, l’economia ramificata nei veri continenti, la delinquenza che si organizza, quella sì, a livello europeo e internazionale. Queste emergenze (e sono solo alcune) le affronterà l’Italia con le sue sole forze, o la Croazia, o l’Olanda o la Gran Bretagna da sola? Ognuno capisce che è ridicolo.
  • Pace oggi significa rispetto per lo straniero (altro tema caldo).

I partigiani hanno combattuto per affossare il nazifascismo e le turpi leggi razziali del 1938 (approvate, badate bene, nell’indifferenza dei più!). Ma vedete che il razzismo non è morto. Vedete oggi che un’anziana signora di nome Segre, deve muoversi con la scorta solo perché è di discendenza ebraica. Roba da matti! Impensabile solo sette – otto anni fa.

Com’era facile essere antirazzisti quando i diversi erano lontani! Mi ricordo da insegnante com’era facile con gli allievi fare letture sull’Apartheid del Sudafrica e accusare con disprezzo i cinici razzisti bianchi che rifiutavano, ghettizzavano, sfruttavano i poveri neri.

Ma adesso che gli stranieri li abbiamo in casa, quante diffidenze, quanta difficoltà a conviverci! Certo l’immigrazione incontrollata deve finire. Non possiamo accogliere tutti sempre. Anche perché l’Africa, con la natalità in esplosione che ha, ci sommerge cinquanta volte. E’ un problema complicatissimo che va affrontato, minimo, in chiave europea. Ma intanto gli stranieri che sono qua? Che lavorano qua. Che hanno i figli a scuola con i nostri? Vogliamo evitare fratture, paure, vogliamo la pace? Allora dovremo far loro apprezzare il nostro paese. Che si affezionino un po’ a questo paese.

Io levo tanto di cappello a quelle associazioni di volontariato, anche a Thiene e a Calvene, che raccolgono le donne straniere (donne, badate bene, non uomini, perché sono le donne che poi educano i figli) per insegnare loro l’italiano. Che poi non è solo insegnamento, ma rapporti umani, conoscenza, amicizia, dialogo, superamento delle paure reciproche.

Vogliamo il dialogo, la pace? Bastano anche semplici gesti. Cominciamo a salutare lo straniero, la straniera che incontriamo per strada. Come è difficile salutare chi viene da fuori! Ma che formidabile segnale di rispetto e di accettazione è il saluto.

Lo spirito della Resistenza, i nobili principi della nostra Costituzione vanno oggi interpretati alla luce di queste novità che avanzano e che ci circondano. Questo vuol dirci la targa di Fifi e di Meri.

Insomma, la sostanza è che occorre, sforzo e impegno, essere vigili, partecipare, vincere l’indifferenza (che è il male più subdolo) perché la Costituzione, anche se è la più bella del mondo (come dice Benigni), non è un edificio completato, è un cantiere aperto, una casa in costruzione. E la malta per andare avanti con i lavori vedete che, in buona parte, ce la forniscono ancora oggi i nostri partigiani.

A ricordo di Silva e dei partigiani della Valle delle Lore e di Lozzo Atestino, Martiri della Resistenza

Oggi 28 Marzo 2021 cade il 76° anniversario della morte di “Silva”, Francesco Zaltron di Marano Vicentino (1920-1945), comandante partigiano, Medaglia d’Oro al valor militare.   A ricordo di Silva e dei partigiani della Valle delle Lore e di Lozzo Atestino, Martiri della Resistenza

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un momento della commemorazione con la partecipazione dei Sindaci di Lugo di Vicenza, Marano Vicentino e Lozzo Atestino, i Sindaci dei Consigli comunali dei ragazzi di Lugo-Calvene e Marano, rappresentanti ANPI e AVL

L’intervento di Davide Brazzale il Sindaco del Consiglio comunale dei ragazzi di Lugo e Calvene:


Vorrei ringraziare per l’opportunità che mi è stata data nel partecipare a questo evento. Proprio in questo momento a scuola stiamo studiando il fascismo e la Resistenza. Mi sono documentato un po’ leggendo alcune parti del libro “Il comandante Silva l’ardimento e il sacrificio” di Liverio Carollo. Grazie a questo libro ho capito quanto Calvene e Lugo siano stati fulcro della Resistenza.

Non è più la storia dei libri, ma quella del mio territorio.

Ad esempio ho scoperto che Silva, ferito, trovò rifugio in contrada Campanella a 100 metri da casa mia. E la casa dove fu catturato Silva è nella contrada dove abitava la mia bisnonna Maria.
Credo che adesso, ogni volta che passerò per quei posti penserò alle battaglie e alle persone che hanno perso la vita per gli ideali di tolleranza, di pace, di giustizia sociale e per un’Italia più libera.

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Per l’occasione consigliamo il libro, recentemente pubblicato, “Il comandante Silva, l’ardimento e il sacrificio” di Liverio Carollo, che presentiamo qui brevemente con le parole dell’autore.

“Il comandante Silva, l’ardimento e il sacrificio” di Liverio Carollo, pubblicato per commemorare i cento anni dalla nascita di Francesco Zaltron, detto “Silva”

Il libro vuole commemorare la figura del partigiano Silva, Francesco Zaltron di Marano Vicentino, classe 1920, ucciso il 28 marzo 1945 tra le valli di Mortisa dai nazifascisti. La pubblicazione si divide in tre parti: nella prima parte si traccia “un profilo del comandante” della Brigata Mazzini “partendo dalla sua formazione fino alle azioni e ai colpi di mano che realizzò con il suo battaglione di montagna, per giungere ai giorni della battaglia di Granezza e poi alla sua tragica morte avvenuta tra le valli di Mortisa di Lugo di Vicenza.” La seconda parte presenta le lettere inviate da Silva ai familiari. Nella terza parte è invece presentato e descritto l’itinerario (segnalato) “L’ultimo viaggio di Silva”, che accompagna il lettore sugli ultimi passi del comandante Silva prima della sua uccisione. Un itinerario che vuole essere “un pellegrinaggio civile sui luoghi dove un giovane ha sacrificato se stesso perché tutti noi vivessimo in una società migliore”; una testimonianza della Resistenza, che non deve essere dimenticata e i cui ideali di libertà, pace, giustizia, tolleranza, vengano recepiti da tanti giovani e non solo. Come ricorda l’autore Liverio Carollo “solo la memoria può contribuire al ricordo. E la memoria può essere una lapide, un libro, una camminata suoi luoghi della lotta; la memoria ha il potere di stimolarci, di tenerci vigili, sulla breccia e di trasmettere i valori nei quali crediamo.”

L’itinerario “L’ultimo viaggio di Silva”, presentato nel volume di Liverio Carollo e curato dal Gruppo Silva Mortisa, “Amici della Resistenza” ANPI – AVL di Thiene (CAROLLO 2020.)

L’itinerario “L’ultimo viaggio di Silva” parte da Piazza Resistenza di Calvene e sale verso la frazione Monte per la “strada vecia”, ovvero l’antica strada che collegava il centro del paese con Casa Corona e il Monte, attraversando la Val Porca, poi lentamente abbandonata in seguito alla costruzione della cosiddetta “Strada della Salvezza” (1916/1917 – una lapide commemorativa ne ricorda la costruzione proprio sul “ponte de Piaréla”). Dalla località Monte l’itinerario prosegue per contrada Murari, scende al Malleo e poi ai Gramoli, contrada ormai abbandonata, per poi ritornare al punto di partenza. L’itinerario è segnato e lungo il percorso sono presenti pannelli informativi, il tratto in salita corrisponde al sentiero CAI n. 697.

Indicazioni sull’itinerario “L’ultimo viaggio di Silva”

22 Marzo – Giornata mondiale dell’Acqua

Una giornata per ricordare l’importanza dell’acqua, bene primario, fonte di vita e per promuovere comportamenti responsabili nell’uso di questa preziosa risorsa.

La giornata mondiale dell’acqua è l’occasione per ricordare che al mondo su 7,8 miliardi di persone, 750 milioni non hanno accesso ad acqua salubre e 2,5 miliardi devono convivere con la costante scarsità di risorse idriche.

Etiopia – regione del Tigrè

Risolvere i problemi dell’acqua molto spesso aiutano a prevenirne altri, come la fame, i conflitti o la migrazione.


Nel nostro vivere quotidiano, oltre alla gestione oculata dell’acqua, l’impegno per la salvaguardia di questa importante risorsa si può concretizzare nella tutela delle sorgenti e dei corsi d’acqua di cui è ricco il nostro territorio.

Torrente Chiavona

21 marzo 2021, 26°Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie

Ventisei anni, un periodo lungo che ha reso protagonista una vasta rete di associazioni, scuole, realtà sociali in un grande percorso di cambiamento dei nostri territori, nel segno del noi, nel segno di Libera.

…. a ricordare e riveder le stelle è lo slogan scelto per questo 21 marzo

Il desiderio di ‘riveder le stelle’ e di uscire dall’inferno della pandemia, dopo un anno di isolamento e distanziamento, è un desiderio forte tra tutti i cittadini. La parola stessa desiderio ci rimanda al cielo: desiderare è avvertire la mancanza di stelle, sentire forte la necessità di buoni auspici, di luce che illumina e dà energia.

E in questo senso le stelle sono anche le persone che ogni giorno si battono per la giustizia sociale e la legalità democratica, fari del nostro operare ed esempi ai quali guardare. A loro dobbiamo quotidianamente volgere il nostro sguardo. Osservare le stelle nel cielo vuol dire avere un panorama sgombero da nuvole, nitido, ciò a cui dobbiamo tendere per superare una fase caratterizzata da offuscamento e confusione. Il firmamento è la nostra capacità di andare oltre ciò che stiamo vivendo oggi, per generare un futuro migliore.

(fonte: Libera.it)

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